SOLO VALIGE DI CARTONE PER CARROZZE DI III CLASSE

Il mondo non è diventato quel brutto posto che è perchè ci sono pochi cattivoni a comandarlo. La colpa è della massa di sgherri striscianti che chiede di essere comandata e sottomessa per qualche briciola di pane raffermo...

Non dimentichiamolo mai (lo scrivo anche per me), la lotta, quella vera, si fa fuori da internet, con il mouse non si cambia il mondo.

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venerdì 26 novembre 2010

Lo spirito del sonno



V’è, nell’uomo, al pari d’una naturale inclinazione all’autoconservazione della propria specie, un’altra istanza: l’esigenza d’esplorare il proprio orizzonte percepito. 

Vi sono dunque due “istanze” una conservativa, l’altra attiva, entrambe presenti, in misura diversa  in ogni essere umano.

L’uomo è istintivamente portato a mangiare, dormire, riprodursi e starsene tranquillo: è lo  “spirito del sonno”.
Questo è il lato ombroso e pavido della nostra dimensione umana,  mai come in questo momento, presente. 

Anni luce ci separano dalle epoche ruggenti della storia, da quei decenni ultimi dell’800, ad esempio, quando un ribollire di idee e movimenti soffiava sul nostro continente, e altrettanti, dai fermenti  che presero lo  slancio negli anni 60,  sul ponte della faticosa ricostruzione postbellica d’un decennio prima.

Alla stessa stregua di una barca che dondola annoiata in mezzo al mare, quando appena un alito di vento la spinge, al punto da apparire quasi immobile all’occhio distratto che la osservi, la nostra epoca sembra bloccata, in catalessi, assonnata.

Ricordo un bel cartone animato in flash che racconta la banale esistenza di un uomo medio: uno come noi. Uno che si innamora, uno che si sposa, uno che lavora. Il cartone  propone ritualmente  lo stesso copione esistenziale: l’uomo s’alza, saluta la moglie, va al lavoro, rincasa, risaluta la moglie, si addormenta.
  Ad un certo punto il filmato accelera a dismisura. Si vede l’uomo che va e viene rapidissimamente dal lavoro, come se nella vita non facesse altro, fino a quando non giunge la pensione poi, inevitabilmente, la bara.

A vederla così, l’esistenza,  letta in questa chiave estrema e svuotata del suo lato emotivo ed umano, appare come un ripetersi ciclico di atti privi di senso,  assomigliando più all’attività della fase del  sonno che alla vita. 

C’è una sorta “d’incoscienza collettiva” in quella massa assonnata di gente che si sposta la mattina di casa per andare al lavoro, dedicandovi quasi interamente la propria giornata, spendendovi le proprie migliori risorse fisiche e mentali. Questa massa non ha altro fine se non quello di mangiare, riprodursi, dormire e starsene tranquilla. 

Che lo si accetti o meno, per la maggior parte degli esseri umani, il senso di tutte quelle ore passate a svolgere un’attività, a volte terribile, è quello: ed è proprio in questo che consiste lo spirito nel sonno, in quell’agire meccanico, automatico, senza l’accenno di una ribellione allo stato delle cose. 

Nei luoghi di lavoro, dove piccole e grosse angherie sono all’ordine del giorno,  questo spirito del sonno avvolge ogni cosa, anche qui sono lontani anni luce i tempi dei consigli di fabbrica, come se nella nostra epoca si fosse arrivati a un punto d’evoluzione tale che tutto invita al quietismo degli animi: in realtà è una falsità, si è quieti per non complicarsi l’esistenza, pensando che non appena l’effetto dell’angheria cesserà potremo tornarcene tranquilli nelle nostre dimore.   

Per quanto la nostra società appaia immobile dal punto di vista dell’esistenza assonnata, essa si muove e lo fa in una direzione ben precisa: arretra. Il mondo sta arretrando: i diritti piano piano vengono erosi, la povertà si allarga come fanno le crepe sui muri col passare degli anni, gli ideali si congelano, la solidarietà è spazzata dall’individualismo, il furbo soppianta l’onesto e il sonno si sostituisce alla vita alimentato da tv, supermarket, social network e cultura dell''immagine.

Rarissimi sono gli uomini che hanno fatto della lotta un loro modo di vivere, gli uomini che non hanno perso il coraggio d’esplorare, che non si arrendono al dato, che anelano a un mondo più giusto; dominati dall’inquietudine e dal dubbio, essi s’aggirano spesso in solitudine, compagni di se stessi e della loro insoddisfazione, basterebbe per loro l’accettare di rifugiarsi nello spirito del sonno e deporre le armi per vivere una vita più agiata: ma a loro appartiene il sogno di un mondo migliore che sanno non potrà essere senza sacrificio.

Apparentemente dunque la sonnolenza che contraddistingue la nostra epoca, che sembra l’ultima epoca, non è un male così profondo, se a lottare ed esplorare si può stare peggio, ma c’è un momento in cui ognuno di noi può percepire che quest’ultima considerazione non è poi così esatta: quel momento è quando ci svegliamo.

Ci svegliamo quando veniamo licenziati, ci svegliamo quando non abbiamo più un soldo, ci svegliamo quando subiamo una grossa ingiustizia, ci svegliamo quando veniamo gettati sulla strada e non ci resta niente. 

In quel momento ci rendiamo conto che il mondo in cui viviamo non è poi così meraviglioso e libero come sembra e, dal profondo, ci sale un senso di rabbia incolmabile,  poi sopraggiunge lo sgomento e infine la rassegnazione. E’ triste svegliarsi all’improvviso e vedere che non c’è nessuno che voglia o riesca ad ascoltarti.

Una cosa è essere felici quando dormiamo, ben altra cosa è essere felici quando siamo svegli.
Davide.

  “Le grandi cose devono indossare maschere mostruose prima di potersi imprimere nel cuore dell’umanità”.  Nietzsche



2 commenti:

Anonimo ha detto...

Interessante lettura della vita!

Se posso permettermi, c'è un altra condizione che ho incontrato nel mio viandare... il fatto di dormire da svegli, il limbo di coloro che alternativamente subiscono e/o esplorano. Atteggiamento sincopato come unica arma di difesa da una realtà involutiva che ci incatena ad un "sistema vita" che non si dovrebbe accettare.

Davide. ha detto...

Ti riferisci a una sorta di torpore, a una sorta di auto-lenimento prima che giunga il dolore? Concordo.

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