Da un paio di giorni, sarà un residuato del periodo natalizio, mi sta frullando l’idea di scrivere un articolo sul rapporto che c’è tra i diritti di ieri e quelli di oggi, tra l’uomo di ieri e il consumatore di oggi: sono stato anticipato da questo bel pezzo scritto da Stefano D'Andrea su Appello al Popolo- La tutela del consumatore nell'epoca della spoliazione dei diritti.
L’articolo si chiede come mai, per quanto si sia assistito e si assista, alla progressiva spoliazione di diritti che vanno dalla moderazione salariale, alla stabilità del posto di lavoro, fino all’abrogazione dell’equo canone, i diritti dell’individuo in quanto consumatore siano, per converso, aumentati.
Tra le tre ipotesi, la terza, ma soprattutto la seconda, sono quelle che trovano di più il mio accordo:
“….”La seconda è che si sia trattato di valium. La tutela del consumatore è soltanto un palliativo, un narcotico, che serve a dare un certo “benessere” al singolo mentre è spogliato di diritti e isolato dagli altri singoli individui, per effetto della immersione nell’immenso presente mediatico e della sollecitazione spasmodica dell’infantile e primordiale io desiderante, e così reso dimentico che il singolo individuo è o potrebbe essere parte di un popolo, con una storia tutta da costruire dinanzi a sé. !”…..” cit. dall’articolo
D’altronde è vero che il consumatore è solo: egli esercita i suoi diritti, nella maggior parte dei casi, come soggetto singolo, e non come entità collettiva, come poteva succedere agli operai in Italia nei primi anni del novecento, riuniti negli allora nascenti consigli di fabbrica.
La differenza è sostanziale, dunque. La stessa forza, nell’esercizio dei due diritti, ha un peso completamente squilibrato a favore dei diritti che nascono come esigenza collettiva, di popolo appunto; inoltre, è il loro stesso esercizio, a produrre nella collettività effetti completamente diversi: far valere un proprio diritto, in quanto consumatore, non ha alcun effetto positivo di lunga durata sul progresso della civiltà, non cementa la società, non libera le sue forze motrici e le sue matrici storiche, non genera particolari sentimenti di solidarietà e di vicinanza tra simili.
Inoltre concordo sul fatto che vi possa essere
“…..” complementarità, e non compensazione, tra “tutela del consumatore” e “leggi di spoliazione””…..”
A farmi scartare l’ipotesi compensativa è una cosa semplice: non può esservi compensazione tra l’esercizio di diritti inalienabili (che il sottoscritto considera “naturali”) e i nuovi diritti collegati al consumo, in quanto, nel momento in cui il consumo cessa, cessa anche il diritto ad esso connesso.
Che il consumatore sia divenuto oggi portatore di nuovi e più incisivi diritti, sarebbe buona cosa, se appunto, in quanto uomo e collettività, non venisse amputato dei vecchi e più fondamentali diritti.
Il “legislatore” citato nell’articolo, oltre ad essere l’agente istituzionale che produce l’abbattimento dei diritti, e anche un nome “fittizio” per indicare l’insieme di forze che ne intraprendono l’abbattimento: sicuramente non si tratta ne del governo ne del parlamento che si fanno semplici portatori di “esigenze” esogene al loro primario sentire.
Dal punto di vista della qualità dei due diritti, dunque, non c’è paragone, tra i diritti di un uomo e i diritti di un consumatore: i primi distanziano anni luce i secondi.
In ultima analisi si può dire che la spoliazione dei diritti in atto, in favore di una più marcata tutela del consumatore, non sia altro che il segno evidente di quanto “l’esistenza commerciale” abbia oramai acquisito una forza inusitata nelle nostre esistenze, e di quanto l’eterna diatriba tra l’essere e l’avere, stia giungendo a una sintesi definitiva, con la vittoria per no contest dell’avere.
D’altronde termini come “indignazione” e “offesa” vengono sempre più associati, dall’uomo/consumatore, esclusivamente all’esercizio dei propri diritti di consumatore. Al contrario, ogni volta che si assiste alla spoliazione di diritti fondamentali è raro sentire anche il solo sbatter d’ali di una mosca.
Non c’era in fondo momento migliore per scrivere questo pezzo, in questo fiorire di neon natalizi; in questa Milano di sagome e ombre dedite allo shopping; sotto a quel gigantesco albero morto di piazza Duomo, smembrato in più parti, impacchettato e montato con le gru in un “trionfo d’ecologismo”; negli scheletri di quei pacchi di Natale infiocchettati a cornice, sotto quello stesso albero morto, che tradiscono, dall’attendere di un’infinita e infreddolita fila umana, la presenza di un boutique colma di gioielli di Tiffany, mentre a pochi passi, appena sotto le scale che annunciano l’ingresso della metro, i poveracci, quelli veri, sperano nel tintinnio di qualche monetina fatta cascare sbadatamente dai passanti.
Davide
4 commenti:
Bell'articolo. Il diritto dell'uomo non esiste e quello del consumatore è solo apparenza.
Hai mai visto il film Kymatica? E' interessante, l'essere umano è considerato alla stregua di una società secondo la legge marittima.... Questo è il link
http://www.myspace.com/video/vid/57051124
Ti ringrazio per la segnalazione. Lo guarderò. A prima vista sembra che il video sviluppi temi panteistici.
Articolo intelligente, pieno di spunti.
Ho una mia idea, sulle trasformazioni che ci provoca il consumo. Spero di riuscire a metterlo in parole, fra qualche giorno. Ma non garantisco risultati.
Sarò curioso di leggere... indubbiamente.
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