Ha ragione chi dice che internet non è quel luogo di libertà che si crede. Internet è una trappola molto ben architettata per tutti noi.
La rete ha generato un’euforia fuori controllo, si formati gruppi di attivisti di ogni genere, di “belle anime” come le chiama Paolo Barnard, le quali credono a colpi di click, di firme di petizioni digitali, di commenti accorati ad articoli di denuncia, di contribuire in una qualche misura a migliorare il mondo.
La realtà è ben altra. E’ da ingenui credere che uno strumento del genere sia fuori controllo, che il potere, quello che conta, si stia cacando sotto nel vedere l’esplosione di denunce che ha prodotto questa rete globale.
Se fosse così forte la pressione digitale delle denunce, se fosse davvero uno strumento così potente e inarrestabile, internet, sarebbe quanto meno limitato, sarebbe censurato come lo è in Cina. (In qualsiasi momento possono decidere di farlo anche da noi, ne hanno ovviamente gli strumenti) Wikileaks, ad esempio, sembra chissà quale affare gigantesco, tuttavia non ha prodotto e non produrrà nessun devastante terremoto, poiché quello che divulgherà sarà “robetta” da discutere nei rotocalchi tv o nei tg, giustappunto per continuare a distrarre la massa da quello che conta.
Il Potere sa bene che questo strumento contribuisce ad addormentare le anime, le porta via dai luoghi dove storicamente la lotta ha avuto degli effetti ben più devastanti: i luoghi di lavoro, i circoli, le piazze e più in generale i luoghi di ritrovo. Sa bene che una denuncia che circola sul web non può far male come “centomila” manifestanti incazzati che assaltano le sue sedi; sa bene che le stesse notizie di denuncia possono essere architettate ad hoc e create a seconda delle necessità e fatte circolare per creare ulteriore confusione; sa bene che stando a casa dietro al nostro pc non potremo fare nulla di rilevante: quindi ci offre, e mentre lo fa ghigna di gusto, l’illusione di questa incredibile piattaforma di libertà.
I nostri nonni e i nonni dei nostri nonni non avevano internet eppure hanno ottenuto enormemente di più di quanto non si riesca a fare noi con questo meraviglioso strumento.
Noi invece siamo bloccati, non riusciamo più a far valere i nostri diritti, non riusciamo più a ribellarci: il nostro mondo è diventato un giardino virtuale, mentre fuori la terra di sta “spolpando” del verde e avanza inesorabile il deserto.
Presto le strade saranno sgombre e noi intanati nelle nostre dimore a cliccare forsennatamente di qui e di la: l’epoca dell’ultimo uomo, per citare Nietzsche, è quella dell’uomo virtuale i cui atti di ribellione non fanno tonfi, ma solo riverberi sonori digitali, che tanto sanno di buchi nell’acqua.
Non abbiamo scuse: io, noi, voi, tutti.
La rete si aggiunge ai due caposaldi del nostro tempo, formando un trittico di tutto rispetto: cultura della visibilità, esistenza commerciale e internet (appunto).
Davide
2 commenti:
È certamente vero che internet sia anche un mezzo di controllo e di distrazione...la logica delle 1000 verità = nessuna verità vale tanto di più per questo mezzo.
La necessità di andare in piazza e mobilitarsi è assolutamente reale. Facciamolo! Però molti hanno chiamato e pochi hanno risposto.
L'adesione al sistema non passa solo per Internet.
La riscossa deve essere certamente culturale e anche l'elettronica deve divenire un mezzo e non un fine.
Però la mia impressione è che tutto il mondo ormai sia "strutturato" su livelli di comunicazione esasperati...e che quindi l'analisi non debba fermarsi ad internet.
Sono d'accordo su Wikileaks...molto fumo e pochissimo arrosto, anzi a tratti addirittura strumentale.
Buona giornata
Namastè
Ciao Rosa, anzitutto ti ringrazio per il tuo bel commento. Sono pienamente d'accordo sul fatto che la comunicazione sia esasperata a livello sistemico, e sicuramente internet non sia che una delle tante facce della stessa medaglia.
La riscossa deve essere innanzitutto culturale, ma soppiantare un pardadigma di pensiero dall'oggi al domani è cosa tutt'altro che semplice.
Ma il senso è quello: cambiare noi per cambiare gli strumenti che utilizziamo. Namastè.
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