Per l’ennesima volta ci risiamo. Una persona si trova riversa a terra e priva di sensi in metropolitana, stavolta e toccato a Roma (ma qualsiasi località non farebbe differenza), è stata colpita da un pugno per un banale litigio, finisce in coma.
Le telecamere a circuito chiuso, impietose, riprendono la scena dove i passanti dapprima sembrano non preoccuparsi affatto di quel corpo privo di sensi, addirittura una vecchia, con la sua flemma da vecchia, ci passa accanto ma prosegue la marcia come se nulla fosse, come se quello non fosse un corpo ma un ostacolo da superare, poi qualcuno si fermerà per pochi istanti ma riprenderà per la destinazione attesa. Occorreranno diversi minuti prima che si intervenga.
Questo non è il primo episodio di questo tipo a far riflettere.
Come l’iniziale silenzio di un quartiere di Milano per il tassista mandato in coma per aver investito accidentalmente e ucciso un cane. Omertà solitamente riconosciuta quasi esclusivamente al sud.
Cosa ci sta succedendo?
Stiamo diventando uomini unidimensionali, a compartimenti stagni, interessati unicamente alla sfera del nostro privato, incapaci di provare un qualsivoglia senso di compassione (in senso greco) di fronte a un nostro simile che reca in gravi condizioni!?
Abbiamo delle missioni talmente importanti da portare a termine che neanche una tragedia può distoglierci dal nostro compito, può fermarci dal nostro cammino: l’andare e il venire dal lavoro quotidianamente nella maggior parte dei casi!?
Vediamo talmente tanta violenza, talmente tanta pornografia dei sentimenti in tv che quella reale, di violenza intendo, ci sembra quasi che non esista, e come con il telecomando basta pigiare un tasto per accelerare il passo e spegnere l’evento che si perpetra di fronte a noi!?
O è forse quello stesso senso d’apatia, quell’accidia del vivere quotidiano che, alimentando lo “spirito del sonno” insito in ognuno di noi, non ci permette di agire per gli altri, come per noi stessi: lasciandoci con il nostro remo solitario ad affrontare le onde del mare, in una marea di altri remi solitari che potrebbero formare una barca ma che ostinatamente non si riconoscono e non vogliono riconoscersi in una bandiera: quella umana, perché lo si voglia o no, abbiamo ancora una comunanza di specie!? Siamo un “noi”.
Ma non siamo sempre noi quelli che fanno le campagne contro la pena di morte, quelli che si indigniamo per stupri e violenze a donne e bambine, non siamo quelli che fanno battaglie contro la povertà e la guerra, schiacciando il bottone “aderisci” o “firma” per combattere i problemi del mondo!?
Eppure sta anche li il problema: ci stiamo abituando a lottare con un tasto del pc. Gridiamo sulla rete inserendo il tasto maiuscole sulla nostra indignazione virtuale.
Di fatto stiamo diventando questo: esseri virtuali, incorporei. E quando siamo corpo siamo uno, mai più d’uno. Individui persi nel magma quotidiano, pieni di paura, che non vedono simili, ma solo nemici o avversari.
A causa di questa paura ci intaniamo nelle nostre dimore, le rendiamo belle e confortevoli, protetti dalle nostre quattro mura, onnipotenti e trionfanti nella nostra prigione dove, dietro le sbarre, spuntano i fiorellini che ci siamo piantati e nell’aria si sente il profumo del disinfettante che abbiamo passato per lavare il pavimento.
Già il privato, il nostro essere privati, inaccessibili, alienati ci sta privando di una delle esperienza più importanti della nostra vita: quella di camminare con l’altro, quella di respirare l’altro, di capirlo, di bisticciarci insieme se necessario. E questo volerci imprigionare per chissà quali scopi altissimi, per chissà quali avanzamenti che ci sta fregando.
Davide.
2 commenti:
Beh si, alla fin fine hai ragione caro Davide, è proprio così...
Sentivo alla radio un tizio che difendeva colui che aveva emulato Mike Tyson perchè secondo lui l'infermiera lo aveva seguito, provocato e quindi se l'era cercata...
Fosse stato un uomo rumeno a colpire una donna italiana chissà cosa avrebbe detto quel coglione.
Ma pensa te dove siamo arrivati...
La gente s'inventa della strane storie quando vuole giustificare qualcosa.
Eh caro rospo se pensiamo a dove siamo arrivati...meglio portarci dietro qualche pillola antidepressiva.
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