tag:blogger.com,1999:blog-4786885498894984792024-03-19T05:13:12.728-07:00Solo valigie di cartone per carrozze di III classe.Contenitore di opinioni personali e d'articoli vari sul mondo politico economico e finanziario.Con uno sguardo sempre rivolto a fatti storici passati, all'antropologia e alla società.Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.comBlogger34125tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-64487807883880893512011-11-15T17:18:00.001-08:002011-11-15T17:28:20.117-08:00Barnard a Matrix<p> </p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Si diranno tante cose sulla partecipazione di Paolo Barnard a Matrix. Credo che il programma sia andato come ci si potesse attendere, non poteva che andare così. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">A vederlo li, dentro il tubo catodico, dopo essere rincasato a notte fonda ed emerso dalla metropolitana ingoiata dalla nebbia, in una banale sessione di zapping, la mia espressione era di quella stessa sgomenta incredulità dei molti che lo seguono da tempo. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Possiamo porci tante domande, e allo stesso tempo valutazioni sull’opportunità o meno di parteciparvi, valutazioni sulla sua efficacia mediatica etc. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">E’ una cosa che non farò, anche perché ho ancora le fauci paralizzate dall’incredulità. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Dirò invece che per quanto non abbia visto dall’inizio la puntata credo che non abbia smosso una coscienza che sia una di quelle ignare e inconsapevoli e ciò che recava il cartello televisivo come “ teoria complottista” sia restata tale: si sa come aprioristicamente i media dipingano il pensiero non ortodosso alle elite come junk pensiero- anche se c’era parecchio junk pensiero ortodosso la dentro, ma questo lo sappiamo già.</font></p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-32944687094955081122011-11-11T03:13:00.001-08:002011-11-11T03:13:20.841-08:00Addio Italia<p> </p> <p> </p> <p align="justify"><font size="4"><strong>Quando le stupide folle scenderanno in piazza alla caduta di Berlusconi a festeggiare, come in una danza sul filo del baratro, così fu nella <em>Belle Époque quando quella danza di euforia ubriaca ci condusse dritti dritti nel <span style="text-align: left; widows: 2; text-transform: none; text-indent: 0px; display: inline !important; font: bold 16px/17px arial, helvetica, sans-serif; white-space: normal; orphans: 2; float: none; letter-spacing: normal; color: rgb(0,0,0); word-spacing: 0px; -webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px" class="Apple-style-span">Leviathan</span> della Grande Guerra, starò un minuto in silenzio vestito a lutto, idealmente nella camera ardente per l’ultimo omaggio a quello che fu uno stato sovrano. Lo stivale si appresta a decenni di sofferenza, le sue genti saranno travolte dall’impeto dei mercati, saranno rapinate e assassinate. </em></strong></font></p> <p align="justify"><font size="4"><strong>Nessun processo e nessun tribunale per questi crimini contro l’umanità.</strong></font></p> <p align="justify"><font size="4"><strong>Addio Italia.</strong></font></p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-55406380119068572232011-03-17T05:05:00.001-07:002011-03-17T05:05:19.253-07:00Sensazioni, semplificazioni, sguardi.<p>(<em>Pezzo scritto di getto)</em></p> <p><em><a href="http://lh5.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TYH4-xsU-kI/AAAAAAAAANI/7qvtBiUybKA/s1600-h/mappamondo%5B3%5D.jpg"><img style="background-image: none; border-bottom: 0px; border-left: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top: 0px; border-right: 0px; padding-top: 0px" title="mappamondo" border="0" alt="mappamondo" src="http://lh3.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TYH4_kBbBvI/AAAAAAAAANM/uemf44-OJ1M/mappamondo_thumb%5B1%5D.jpg?imgmax=800" width="239" height="279"></a></em></p> <p><em></em> </p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Hai visto quella gigantesca imponente linea d’acqua ripresa dall’alto di un elicottero, avanza come una belva feroce quando si è prodotta nel suo scatto felino, non può più fermarsi, s’è messa a divorare tutto quello spazio con le sue fauci bianche e spumeggianti, la terra a un palmo si fa sempre più piccola e attende, ora preda senza più scampo. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Ed eccola balzare, penetrare nel profondo, spazzando, triturando, sbrindellando vite e palazzi come fossero di cartapesta e quella barca violentata e accartocciata addosso al ponte. Ha tremato la terra prima, hanno dondolato le case, la gente è fuggita e <em>riversata </em>per le strade, gridava! Poi è arrivata la calma e dopo la calma il mostro d’acqua.</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Quel paese del sole che s’alza a levante, d’un silenzioso dolore <strong>lontano</strong>, di migliaia di corpi rovesciati in lande ora desolate, d’incombente disastro che ancor non si tace, per quel vento radioattivo sempre più sveglio, che vuole affatto accucciarsi, è ancora la terza potenza economica mondiale. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">S’è piegato, il Giappone, come si piegarono le terre lambite dall’oceano indiano nel 2004, come si piegò <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Grande_Terremoto_Cileno" target="_blank">Valdivia</a> nel 1960, nulla ha potuto la tecnologia, la preparazione, contro un evento di questa portata. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Vedi allora, tutti quei castelli di sabbia e arroganza che ci fabbrichiamo, tutta quell’aria da primi della classe, tutte quelle piccole lotte che si consumano in ogni dove, di quei microbi umani che si contendono fette di spazio; sali sull’elicottero, e se non è <em>bastante</em> proiettati ancor più in alto, immagina di essere su un reattore cosmico, sali, fino a dove le stelle sono stelle e basta, dove c’è nero nero: guarda davvero ora, guarda che scaracchio di materia sia la terra e che scaracchio di galassia sia la nostra che galleggia assieme a miliardi d’altri scaracchi, guarda e non dimenticare mai ciò che hai visto perché devi confessarlo alla tua arroganza.</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Terra non fai altro che tremare, scosse in ogni dove, sommovimenti di crosta e finanza, esplosioni di bolle speculative e rivolte, a vederti ora, da qui a un paio di decenni fa, m’appari un colabrodo, o forse lo sei sempre stata, solo che ora ti misuriamo meglio e raccogliamo le statistiche e riuniamo in numeri quelle che furono anime. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Chi ti pensa e ti proietta nell’apocalittico scenario 2012, chi vede i segni della fine, nel Dio severo che arriva a punire e sterminare i corrotti e cattivi infedeli, chi vede <a href="http://www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=13" target="_blank">H.A.A.R.P</a> e le strategie di controllo geopolitico grazie al potere del clima, sai terra, sono giorni che a Milano non smette mai di piovere, e pochi giorni fa un mio amico in Inghilterra mi ha detto che da lì andava via, mi ha detto di nuovi scenari da incubo che verranno, e mi ha raccontato dei segni che ha visto, di indiani che lasciavano le loro valige in strada e correvano a prendere un aereo per tornare a casa, perché sembra che qualcuno che non sbaglia mai (e con lui altri) abbia parlato e abbia detto <a href="http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=8063" target="_blank">questa cosa qua che accadrà nel tuo grembo</a>. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Dimmelo tu, terra, che sta succedendo, dimmelo tu come siamo arrivati a questo punto, se sono io a vedere <a href="http://www.medarabnews.com/2008/12/03/la-polveriera-indo-afghano-pakistana/" target="_blank">polveriere</a> in <a href="http://www.tradingnostop.com/blog/blog-macroeconomia/171-analisi-macro/777-crisi-nord-africa-rivolte-guerra-civile-in-libia-ed-imponenti-forze-militari-nel-mediterraneo.html" target="_blank">ogni dove</a>, se sono io a non voler essere ottimista, a guardarti come facevo da bambino, cullato dal sole puro della mia terra natia, confessami dove stiamo andando e che ne sarà di noi, che mai ne sarà di te!</font></p> <p align="justify">Davide</p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"></font> </p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"></font> </p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"></font></p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-21377844069790070572011-02-11T01:41:00.001-08:002011-02-11T01:55:17.602-08:00Le realtà lavorative più piccole.<p> </p> <p><a href="http://lh5.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TVUEQYHC95I/AAAAAAAAANA/K-4CIgCMK3U/s1600-h/81038%5B4%5D.jpg"><img style="background-image: none; border-bottom: 0px; border-left: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top: 0px; border-right: 0px; padding-top: 0px" title="81038" border="0" alt="81038" src="http://lh4.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TVUEQz-r_eI/AAAAAAAAANE/aHsj6f1aEms/81038_thumb%5B2%5D.jpg?imgmax=800" width="278" height="283"></a></p> <p> </p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Spesso ci si chiede perché si parli di lavoro e questioni sindacali, solo quando di mezzo ci sono le grosse aziende, vedi Fiat. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Ebbene quando <a href="http://www.reclaimdemocracy.org/corporate_accountability/powell_memo_lewis.html" target="_blank">Powell scrisse il suo memorandum (qui in lingua originale)</a> indicò chiaramente la via per “eliminare” i sindacati, o quanto meno, per minarne in modo determinante la forza: inserirli nel gioco della concertazione, così i lavoratori, non vedendosi rappresentati adeguatamente se ne allontaneranno. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Quello che sta succedendo oggi, in un processo iniziato negli anni settanta. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Per amor di verità storica, almeno in Italia e non solo, bisogna dire che il numero dei non iscritti al sindacato ha sempre superato il numero degli iscritti, l’azione sindacale non è mai potuta prescindere dai non iscritti. (Il primo sindacato organizzato a livello industriale nel nostro paese è stata la FIOM. )</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">E’ oramai nota, specie nelle piccole realtà, la distanza tra sindacalisti e lavoratori, appare evidente uno scollamento tra le due parti, quasi che non siano portatrici dei medesimi interessi. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Il mio non vuole essere un discorso disfattista, ed è pur vero che di persone valide ed appassionate nella trasversalità delle principali sigle, ancora si trovano, tuttavia la partita è giocata da forze impari, tra la forza attuale delle aziende e la forza del sindacato, ultimamente molto debole e costretto a cedere ai più disparati ricatti.</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Nelle piccole realtà i lavoratori sono oggetto di ricatti ben più grandi di quanto non possa accadere in quelle “conclamate”, l’applicazione dello statuto dei lavoratori e del contratto nazionale di categoria è tutt’altro che scontata, in quanto, spesso, si va “in deroga” non per consulto tra le parti, ma semplicemente per prassi aziendale. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">O fai così, o fuori dalla finestra. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Indubbiamente l’aumentare di forme di precarizzazione del lavoro contribuisce alla nascita di una “cultura” aziendale fortemente orientata al profitto, l’idea che il lavoratore debba essere concepito come costo o come componente della grande catena di montaggio produttiva monta in tutta la sua forza in quelle realtà che ricorrono a forme precarie di contrattualizzazione, e non meno importante, anzi nodo centrale, è che a concepirsi come <strong>costo e non come risorsa sia il lavoratore stesso</strong>: che sentendosi tanto debole non avanza richieste e si chiude nel compartimento stagno della propria mansione e spesso ha un atteggiamento talmente conciliante che è disposto a tutto nella vana speranza di compiacere il padrone. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Ci dicono che, con l’avvento della meccanizzazione dei processi produttivi, con lo smantellamento delle fabbriche la cui presenza è riconducibile a quella delle mosche bianche, la classe operaia non abbia più ragione di esistere. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"><em><strong>Accettando questo assunto, per nulla falso, possiamo dire che, se non la classe operaia come matrice storica, ragione d’esistere ha la classe dei lavoratori come insieme d’esseri umani sottoposti a una sfruttamento: il problema reale dei lavoratori è, posta la parcellizzazione e la frantumazione delle tipologie contrattuali, trovare una ragion d’essere in quanto classe unica. </strong></em></font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">I lavoratori sono capaci di abbaiarsi addosso semplicemente perché appartenenti a categorie diverse, non mostrano alcun tipo di solidarietà trasversale e, nel peggiore dei casi, non mostrano nessun tipo di solidarietà fra di loro: individualismi che si scontrano con altri individualismi, incapaci di comprendere che l’unione ha sempre fatto il loro gioco, incapaci di vedere oltre il proprio praticello, visto che la cultura del “tutto e subito” non permette di scavalcare il solco dell’adesso, per proiettarsi nel poi, e vedere la prospettiva globale. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">D’altro canto è importante inquadrare anche l’attività sindacale: essa è essenzialmente <strong>un’attività negoziale</strong>, che per definizione non vede parti perdenti, ma due parti che si fronteggiano nei loro opposti interessi, alla ricerca di un compromesso che soddisfi entrambe.</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Inoltre bisogna dire che un negoziato può sbilanciarsi in favore di una o dell’altra parte, tuttavia, proprio perché l’attività negoziale non finisce “mai” almeno fino a quando l’azienda è in vita, un risultato positivo non è mai definitivo in quanto la parte soccombente nel precedente negoziato, può sempre risultare la parte vincente in quello successivo. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">La concessione che ti do oggi è la rinuncia che farai domani. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Nella negoziazione entra sempre in gioco la forza e la capacità delle parti di negoziare. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"><strong>Oggi sappiamo che il risultato, a guardarlo a ritroso, di questi decenni di contrattazione ha portato all’erosione sistematica di diritti acquisiti, le parti sindacali poi, nelle aziende più piccole amano il termini “rapporti distesi con le aziende” e non confliggono quasi mai, per loro la crisi attuale, inoltre è diventata un bel paravento per non svolgere azioni di sorta: basta che l’azienda garantisca il lavoro e loro tornano a casa felici e contenti. </strong></font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Per concludere questo tema per nulla esaurito, sottolineo un aspetto inquietante dell’azione sindacale, <strong>parlo dei comunicati ai lavoratori alla fine delle riunioni</strong> (ho fatto una breve esperienza come RSU): i comunicati ai lavoratori, relativi a riunioni con l’azienda, sono costruiti con la stessa perizia che avevano i nazisti nello descrivere con parole più morbide gli assetti organizzativi dello sterminio degli ebrei, mi si perdoni il paragone. Voglio dire che i termini, se una riunione negoziale con l’azienda non ha esiti positivi per i lavoratori, vengono mascherati nella loro crudezza, per fare un esempio: se l’azienda dice che vuole licenziare, nel comunicato non comparirà mai il termine “licenziamento”, l’ostacolo verrà aggirato con termini ben più morbidi che arrivano infine a distorcere la realtà delle cose. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"></font> </p> <p align="justify">Davide.</p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"></font></p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-3477374981760309002011-02-02T01:38:00.001-08:002011-02-02T01:38:13.815-08:00Perché scrivo un blog…<p> </p> <p> </p> <p align="justify">Vallo a spiegare alla<em> casalinga di Voghera, all’operaio metalmeccanico, all’operatore call center, all’operatore autogrill, </em>vagli a spiegare a queste persone che se il loro stipendio è ridotto all’osso, se non arrivano ai mille euro al mese, la colpa non è di Berlusconi, non è di Tremonti, non è dello stato italiano.</p> <p align="justify">Vagli a parlare di Bilderberg,vagli a parlare di Trattato di Lisbona, vagli a parlare di euro e di Europa, vagli a a parlare di WTO e non ti seguiranno. </p> <p align="justify">Non sono stupidi, e che non <em>gliela fanno</em>.</p> <p align="justify">Sono stremati ecco tutto, quando tornano a casa il loro obiettivo è quello di rilassarsi, sedendosi sul divano, pigiando i tasti della tv. </p> <p align="justify">Ci trovano i Santoro, ci trovano i quiz tv, si siedono e spengono il cervello. </p> <p align="justify">I più attivi vengono bombardati da informazioni inutili: il caso Ruby, come si riassetterà il governo, se Berlusconi cadrà, cose che non modificheranno di una virgola le loro vite, che l’opposizione si chiami <em>santa alleanza per abbattere Berlusconi</em> o <em>grande disegno per</em> <em>rivoluzionare l’Italia</em>. Chiunque salga in quegli scranni non cambierà nulla del paese, perché semplicemente non può farlo, c’è già chi decide per lui. </p> <p align="justify">Ma spiegalo e ti citeranno ancora Berlusconi. Spiegalo e ti cercheranno le tasse che sono troppo alte, spiegalo e vedrai chi dice: </p> <p align="justify">“<em>io di queste cose non capisco nulla</em>”. </p> <p align="justify">Come Zombie, contro i quali inveiva un certo Carmelo Bene in un Costanzo Show di non molti anni fa. </p> <p align="justify">Ma va la, potrebbero prenderti per pazzo, potrebbero prenderti per essere deprimente. </p> <p align="justify">E allora perché scrivo? Scrivo per me stesso, conscio della mia inutilità, non ho nulla di rivoluzionario. Scrivo per <em>sfogarmi. </em></p> <p align="justify"><em>Ecco tutto. Il potere ci ha fregati da tempo. E noi siamo troppo pavidi. </em></p> <p align="justify"><em>Davide.</em></p> <p align="justify"></p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com20tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-55988390276387833832011-01-22T03:02:00.001-08:002011-01-22T03:13:39.758-08:00La parola VIP e la cultura dell’immagine<p> </p> <p><a href="http://lh4.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TTq5VgeH0qI/AAAAAAAAAM0/D1bGzTcKu3g/s1600-h/vip%5B7%5D.jpg"><img style="border-right-width: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top-width: 0px; border-bottom-width: 0px; border-left-width: 0px; padding-top: 0px" title="ecologie carte environnement" border="0" alt="ecologie carte environnement" src="http://lh4.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TTq5WB6ViJI/AAAAAAAAAM4/cjOBdkNBNrM/vip_thumb%5B4%5D.jpg?imgmax=800" width="373" height="301"></a></p> <p> </p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Non era più un mondo con la stessa faccia quello che cullava nel suo grembo la parola <em><strong>vip</strong></em>; un mondo di uomini che accettano che vi sia qualcosa di sostanzialmente diverso tra loro è un altro essere umano, un mondo dove un uomo ammette di non valere quanto un suo simile. </font></p> <p align="justify"><font face="Constantia"><font size="3">Vip <em>(Very Important Person), eccoli i nuovi dei, abitanti mortali d’un olimpo fabbricato ad hoc, dove tutto è allestito come una scena imperitura e sempre in atto, in cui si consumano esistenze che non esistono.</em></font></font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"><em>Un olimpo atto a generare immagini, icone, di mondi altri, fatati e lucidi, di mondi sideralmente lontani dal quotidiano vivere della plebaglia, che ad esso s’accosta armeggiando riviste precise e copiose, che la nutrono dalle viscere del sogno, in notti di pioggia e solitudine, per fornirle un pretesto, un appiglio a cui aggrapparsi contro il naufragar d’un esistenza vacua. </em></font></p> <p align="justify"><em><font size="3" face="Constantia">Le divinità.</font></em></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Girano con le guardie del corpo a riparo dalla plebaglia, si fanno vedere unicamente in occasioni prestabilite, giustappunto per lucidare la propria immagine opacizzata dall’assenza. Eppure senza quella plebaglia non sarebbero nulla, non sarebbero nessuno, non sarebbero per nulla importanti. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"><em>Senza la fila di gente che attende il suo ingresso, senza quei religiosi febbricitanti che sene stanno impalati per ore che s’apra il sipario, all’ingresso delle sue gambe suadenti, la tale Naomi Campbell, sarebbe della stessa altezza di quelli che stanno li ad attenderla e fatta della stessa materia di carne e sangue. Non altro che un essere umano come madre natura l’ha fatta.</em></font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Ad un certo punto s’è creata una distanza tale tra “noi” e “loro”, una distanza che è molto più <em>distante</em> di quella che c’è tra un cittadino e un clandestino, una distanza che scuce i piedi di questi esseri dalla terra ferma e li proietta nell’etere che sbrilluccica, in un mondo a parte, di fulgidi neon elettrici: loro sono l’apice del mondo dell’immagine, di quella superficie che non è altro che superficie, che se fosse acqua, al contatto con un sasso, manco s’intorpidirebbe.</font></p> <p align="justify"><font face="Constantia"><font size="3">Alcuni sociologi la chiamano la “ribellione delle immagini”, un movimento di reazione alla vetusta cultura iconoclasta, la rivincita delle icone, nel cui cerchio confluiscono le <em>tribù post moderne.</em></font></font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Obietto non tanto il senso del concetto, obbietto piuttosto il termine tribù (in quanto essa indica una società umana in possesso di una relativa omogeneità culturale e linguistica) e obbietto l’accezione positiva che il termine tribù conferisce al senso della “ribellione delle immagini”.</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">E allora bisogna tornare indietro per fare un salto in avanti….bisogna tornare a quel “genocidio culturale” di pasoliniana memoria (1977)</font></p> <blockquote> <p align="justify"><font face="Constantia"><font size="3"><em>“Il nostro, come disse Sciascia, è un paese senza memoria e verità, e io per questo cerco di non dimenticare</em>”</font></font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">e ancora</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"><em>“Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava a ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal centro è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la “tolleranza” dell’ideologia edonistica voluta dal nuovo potere è la peggiore delle repressioni della storia umana”.</em></font></p></blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Non si può dunque parlare di tribù in un mondo dove è in atto la perdita dell’identità culturale, la perdita della memoria storica, delle proprie radici, dove tutto è appiattito dall’edonismo consumistico, dove in ogni dove campeggiano gli slogan della pubblicità; non si può parlare di rivolta delle immagini in questo mondo, che di tutto “<em>profuma</em>” meno che di rivolgimento. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Questo è il mondo di un unico immenso paesaggio virtuale, in cui galleggiano icone e simulacri che non sono riferimenti ma comandi, di strade cieche che conducono sempre al medesimo luogo, di voci sempre uguali che non dissentono mai tra loro; il mondo delle ragazzine che per far parte di quel paesaggio, per volerne essere delle icone, divengono anoressiche o bulimiche, non accettando l’immagine di se e pretendendo di acquisirne una delle tante di quel mondo virtuale. </font></p> <p align="justify"><font face="Constantia"><font size="3">Lo scopo di tutte queste maschere che raccontano bugie, il loro scopo ultimo, oltre all’appiattimento culturale e all’imputridimento del pensiero umano, è sempre solo uno: <strong>VENDERE.</strong></font></font></p> <p><em><font size="3" face="Constantia"></font></em></p> <p> </p> <p>Davide.</p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com15tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-44015078215152145592011-01-14T20:01:00.001-08:002011-01-14T20:19:58.928-08:00Mirafiori: l’essenza.<p> </p> <p><font size="2" face="Constantia">(Questo pezzo non entra in dettagli tecnici o in diatribe. Questo è solo un lungo pensiero, scaturito da un’immagine, di un vecchio operaio che piange attaccato alle sbarre della fabbrica torinese)</font></p> <p><font size="2" face="Constantia"><a href="http://lh6.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TTEcJJyAiII/AAAAAAAAAMU/MIO0JHhpvog/s1600-h/operai%5B4%5D.gif"><img style="background-image: none; border-bottom: 0px; border-left: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top: 0px; border-right: 0px; padding-top: 0px" title="operai" border="0" alt="operai" src="http://lh3.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TTEcKdBAO-I/AAAAAAAAAMY/8KVPlD_h0xs/operai_thumb%5B2%5D.gif?imgmax=800" width="434" height="313"></a></font></p> <p><font size="2" face="Constantia"></font> </p> <p align="justify"><font size="3"><font face="Constantia">Nella mia mente ho scritto questo pezzo più e più volte. Su Mirafiori ho letto tantissimi articoli e opinioni, ho letto tutto e il contrario di tutto. Per quanto volessi fare un articolo che contemplasse l’aspetto sindacale, economico e i vari punti dell’accordo, alla fine ho deciso di concentrarmi sull’essenza: <strong>i lavoratori. </strong></font></font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Sempre quelli…. </font></p> <p align="justify"><strong><font size="3" face="Constantia">Mentre i dottrinanti economisti ci vogliono dire che la fiat è ora impresa multinazionale, non quindi un’impresa nazionale, che deve rispondere a leggi di mercato globali, dove gli operai devono essere considerati come costi e quindi alla stessa stregua razionalizzati, i giornali ci ricordano di badare alla crisi internazionale, e buona parte dei sindacati esalta il miliardo di euro d’investimento e si accontenta di sentire la parola “lavoro garantito”, tralasciando le reali condizioni lavorative (e la parte dissenziente FIOM, dissente soprattutto per ragioni legate alla rappresentanza ahimè) io mi concentro sui lavoratori. </font></strong></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Immaginatevi da piccoli, mentre siete intenti a fare i vostri giochi di marmocchi, e vostra madre vi chieda cosa volete fare da grandi:</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">“Lo scienziato”, mamma, “l’astronauta….” e cose roboanti del genere.</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">E vostra madre, la quale casualmente può leggervi il futuro, guarda la sua bella sfera di cristallo e vi dice recitando strane formule magiche in lingue ormai desuete e dimenticate: </font></p> <p align="justify"><em><font face="Constantia"><font size="3">“Ah figliolo, ecco la magica sfera che il tuo futuro mi svela…non sarai scienziato e neanche astronauta, operaio sarai, figliolo. Avrai una moglie che bene ti vorrà e un bel marmocchio proprio come lo sei te adesso. Ma all’alba e alla notte ti leverai dal letto e dal letto alla fabbrica andrai, che sia neve, sia pioggia o sia sole. Per dieci gaudenti ore sempre li starai, muovendo le braccia prima a destra e poi a sinistra, avvitando coi pollici prima in senso orario poi in senso antiorario e piegando il tuo bacino prima in basso poi in alto…. per dieci cento volte lo ripeterai e senza fermarti mai…. (tranne</font><font size="3"> un paio di volte per dieci minuti). In bagno veloce veloce il tuo panino mangerai, e alla fine con la schiena rotta a casa tornerai. E quando in fabbrica più andar non ci vorrai, sottrarti non potrai, se il mutuo vorrai pagar e il tuo figliol imboccar.”</font></font></em></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Avrebbe firmato qualcuno? Si, direte, poi da bambini si vede il mondo in maniera distorta, si sogna troppo. Ma un bambino che direbbe a sua madre dopo una rivelazione del genere, che per quanto generica, sommaria, condensata, raffazzonata descrive beffardamente la vita di migliaia, forse milioni di persone mentre il Marchionne di turno osserva il magnifico spettacolo delle formichine dal suo attico e si gusta un bel cocktail d’ultimo grido acquistato con la somma di duemila stipendi di quelli che in fabbrica si fanno un mazzo tanto. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Qualcuno dirà: ma che vuoi, questo è lavoro! Questo è il tuo pane. E frasi tipo “non sputar sul piatto dove mangi”. Solite frasi risibili, quando in gioco è la tue esistenza. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Perché a pensarci bene, per dirla come la direbbero alcuni economisti, dieci ore di lavoro in <strong>fabbrica sono un costo opportunità esistenziale</strong>. Sono il costo derivante dal mancato sfruttamento dell’opportunità chiamata <strong>Vita</strong> che arriva una volta sola, dal mancato sfruttamento della propria affettività coniugale, genitoriale, dal mancato sfruttamento delle proprie passioni, dal mancato sfruttamento di un congruo numero di ore all’aria aperta e pulita. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Non vi pare anche questo un costo? La domanda è: quanto è alto?</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Sarà che sono io il pazzo, ma non sento nessuno (o quasi) fare delle constatazioni tanto evidenti.</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Seconda cosa: è se il no vincesse? Se Marchionne ritirasse il miliardo di euro e Mirafiori chiudesse? (Cosa che non avverrebbe comunque nel breve). </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Oltre cinquemila operai a spasso, a cui si devono aggiungere altri 70 000 dell’indotto. </font></p> <p align="justify"><font face="Constantia"><font size="3">E se quei 75 000 esasperati cominciassero a protestare furentemente e violentemente? (<font color="#ff0000">utopia</font>) </font><font size="3">E se per ripicca, l’italiano, ogni italiano, diventato consumatore etico e autocosciente smettesse di comprare auto fiat? O addirittura il consumatore decidesse di non comprare nessuna macchina senza la certificazione che essa è stata costruita “senza barbaro sfruttamento operaio”, come accade per le etichette “Dolphin Safe” che si mettono alle scatolette di tonno. (<font color="#ff0000">fantascienza</font>).</font></font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Alla fine la verità la dicono le lacrime di quell’anziano operaio che piange attaccato alle sbarre della fabbrica torinese, lacrime dense di storia e di lotte, salate da sconfitte e vittorie, negli anni caldissimi tra il 68 e il 71 e in quelli della crisi del ‘73, quando nonostante si fosse anche li in un momento di grandissime ristrettezze, quegli uomini erano ancora capaci di salire in groppa al carro della storia, immemori della loro pavidità. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Qualche giorno fa invece a Mirafiori, nella calca generale, qualcuno gridava: </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">“<em>Entrano operai ed escono schiavi</em>”. </font></p> <p align="justify"> </p> <p align="justify">Davide.</p> <p align="justify"> </p> <p align="justify"> </p> <p align="justify"><strong><font size="3" face="Constantia"></font></strong> </p> <p><font size="3" face="Constantia"></font> </p> <p><font size="3" face="Constantia"></font> </p> <p><font size="3" face="Constantia"></font></p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com13tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-41268986096514554482011-01-07T10:28:00.001-08:002011-01-19T14:54:09.734-08:00La crisi perpetua II: Irlanda, Grecia e noi.<p align="justify"><font size="3" face="Constantia"> </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Articoli correlati: </font><a href="http://solopensieriliberi.blogspot.com/2010/11/la-crisi-dellirlanda-la-crisi-perpetua.html?utm_source=BP_recent"><font size="3" face="Constantia">La crisi dell'Irlanda, la crisi perpetua I</font></a><font size="3" face="Constantia">.</font></p> <p align="justify"><a href="http://lh5.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TTdrjJoJQCI/AAAAAAAAAMk/gvKWp4Ig8Gc/s1600-h/567908-ac314543f04eb7cd9fdaf61881d21565%5B3%5D.jpg"><img style="background-image: none; border-bottom: 0px; border-left: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; border-top: 0px; border-right: 0px; padding-top: 0px" title="567908-ac314543f04eb7cd9fdaf61881d21565" border="0" alt="567908-ac314543f04eb7cd9fdaf61881d21565" src="http://lh5.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TTdrkBHReGI/AAAAAAAAAMo/3OM9JwuyCAY/567908-ac314543f04eb7cd9fdaf61881d21565_thumb%5B1%5D.jpg?imgmax=800" width="402" height="289"></a></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"> </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Scrivere un articolo sulla crisi che sta attanagliando come una morsa le esistenze di milioni di individui non è per nulla semplice. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Partiamo da un fatto ineludibile che riguarda l’Irlanda: </font></p> <blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">“<em>L’Irlanda poteva semplicemente dichiarare il fallimento, rinegoziare il suo debito e far capire ai suoi creditori che l’alternativa era prendere o lasciare un’offerta unilaterale del governo di Dublino</em>”.</font><a href="http://www.indipedia.it/news/l%E2%80%99europa-che-non-c%E2%80%99e"><font size="3" face="Constantia">cit. 1</font></a></p></blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Insomma poteva non accettare il piano di salvataggio. Ma l’ha fatto, così come ha fatto la Grecia. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">In misura e per ragioni diverse un paese come l’Ecuador (non certo il paese più ricco e potente del mondo) ha revisionato il proprio debito estero a dimostrazione che gli stati possono sempre fare qualcosa. (</font><a href="http://www.youtube.com/watch?v=Z4pk0jq1IMg&feature=player_embedded#!"><font size="3" face="Constantia">vedi video</font></a><font size="3" face="Constantia">)</font></p> <p align="justify"><font face="Constantia"><font size="3">Una clausola posta dall’Ue e dal FMI, a garanzia dei soldi degli investitori per il salvataggio dell’Irlanda, è niente meno che il <strong>Fondo di Riserva delle Pensioni Nazionali Irlandesi. </strong></font></font></p> <blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Abbiamo capito bene: le pensioni degli irlandesi sono garanzia di quest’accordo, insieme a un altro paio di incomprensibili clausole come l’obbligo “<em>per le famiglie di dotare ogni casa di un <strong>contatore dell’acqua a unità separate</strong>, precondizione essenziale per la privatizzazione del servizio. O la riduzione dei già miseri <strong>stipendi minimi</strong></em>”</font><a href="http://www.indipedia.it/news/l%E2%80%99europa-che-non-c%E2%80%99e"><font size="3" face="Constantia">cit. 2</font></a><font face="Constantia"><font size="3">, oltre a un’infinita serie di ulteriori decurtazioni salariali sia nel pubblico che nel privato, aumenti delle spesa dell’istruzione e crollo dell’assistenza ai poveri. (La parola d’ordine è <strong>maxi-tagli fiscali da 15 miliardi di euro in quattro anni)</strong></font></font></p></blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Come dice l’autore di questo interessante articolo, soprattutto nella prima parte, non si capisce cosa centri l’esposizione delle banche e il loro fallimento con tutti questi tagli e clausole che dovranno subire gli irlandesi.</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Quello che è stato fatto agli irlandesi è raccapricciante, disumano, è quello che sta succedendo ovunque in un modo o nell’altro in Europa. </font></p> <blockquote> <p align="justify"><font face="Constantia"><font size="3">Ma questa non è altro che “<em>la vecchia arma primaria con cui il capitalismo affronta storicamente le proprie crisi, l’autoritarismo, è verificabile in tutto il mondo occidentale, Unione Europea inclusa. Questa non fa che generare organi centrali di controllo economico sottratti a ogni vaglio democratico e investiti di pieni poteri. Il monetarismo, la UE lo ha elevato a dottrina centrale e indiscutibile addirittura per costituzione (costringendo a votare di nuovo chi si era espresso contro, fino a non fare votare per nulla la sua ultima riproposizione, il “Trattato di Lisbona”). I parlamenti sono stati esautorati delle loro prerogative attraverso limitazioni di mandato, o meccanismi di voto alterati sino a escludere opposizioni ostili alla filosofia di fondo. Ogni impegno è volto a impedire che i cittadini possano influire sulle scelte determinanti che li riguardano.” <a href="http://saudade-che.livejournal.com/227643.html">cit. 3</a></em></font></font></p></blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">L’anno 2011 si è aperto con i telegiornali che mostravano i festeggiamenti per l’ingresso nell’ euro dell’Estonia (anche se almeno metà della popolazione si ritiene molto preoccupata da questo ingresso), attualmente l’economia più debole dell’area: alla luce di quanto è avvenuto per Grecia, Irlanda (e potrebbe avvenire per il Portogallo) non si capisce proprio cosa ci sia da festeggiare, non si capisce quali siano i vantaggi reali per la popolazione di questo ingresso. (Eppure molti giornali continuano a indicare vantaggi evidenti, salvo poi non dimostrarli). </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Non si capisce cosa ci sia da festeggiare visto che oramai gli stati sembrano avere la testa sospesa sul patibolo con il boia che si chiama <em>Grandi speculatori internazionali </em>e la scure che si chiama </font><a href="http://blog.panorama.it/economia/2010/12/21/si-allarga-la-crisi-in-europa-francia-e-belgio-nel-mirino-delle-agenzie-di-rating/"><font size="3" face="Constantia">declassamento dei titoli di stato da parte delle agenzie di rating</font></a><font size="3" face="Constantia"> (4).</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Tremonti ha rilasciato, alla conferenza 'Nuovo mondo, nuovo capitalismo' tenutasi a Parigi riferendosi alla situazione internazionale la seguente dichiarazione: </font></p> <blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">“<em>La crisi non è finita….La guardia dei governi e delle istituzioni internazionali -ha sottolineato- deve restare alta. C'è una situazione per cui viene attaccato dai mercati finanziari un Paese dopo l'altro” "stiamo vivendo come in un videogame: appare un mostro, lo combatti, lo vinci e allora ti rilassi, ma subito dopo appare un altro mostro, ancora più forte del primo</em>" </font></p></blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">e ancora Dominique Strauss- Kahn direttore del FMI</font></p> <blockquote> <p align="justify"><font face="Constantia"><font size="3"> <em>“…..ha dichiarato che una seconda crisi finanziaria e quasi inevitabile. E la prossima volta, ha specificato sarà impossibile convincere i contribuenti a finanziare le operazioni di salvataggio delle banche</em>. <em>In questo caso ci troveremo di fronte a una crisi della democrazia. ” (5)</em></font></font></p></blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Quella di Strauss Kahn è retorica: quando mai gli stati si sono messi a “convincere” i contribuenti che dovevano finanziare il salvataggio delle banche, c’è stato forse qualche referendum o qualcuno ha chiesto ai cittadini se volessero salvare le banche, non mi pare vi sia stata la possibilità per nessun cittadino di influire minimamente in questo processo decisionale, a me pare piuttosto che tutto avvenga nell’unilateralità, visto che nessun cittadino accetterebbe di vedersi tagliare servizi essenziali alla sua stessa sopravvivenza. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Ora mi appare chiara una cosa, nonostante da più parti si continui a difendere l’Europa dell’euro visto che siamo in presenza di un mercato sempre più interconnesso, si continui a narrare della necessità che questa Europa si unisca anche politicamente e non agisca come un congerie di stati nazionali, siamo di fronte allo sviluppo oramai netto di un cambiamento epocale che porterà nei nostri paesi una massa sempre crescente di disoccupati, aumenterà la “cinesizzazione” del lavoro (non saranno più solo sacche di lavoratori senza diritti ma questa diventerà la regola), per rispettare i livelli di deficit si andrà a incidere sensibilmente sull’istruzione, sulla sanità, i servizi essenziali saranno sempre meno garantiti. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Inoltre da più parti questa stessa stampa connivente con i poteri forti spinge per le privatizzazioni di servizi essenziali e pubblici, per permettere agli stati di far cassa: e una volta che anche quelli saranno privatizzati saremo completamente alla mercé del mercato selvaggio, saremo numeri da “cooptare” per la loro sete di denaro e potere, </font></p> <blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">saremo <strong>captive demand</strong>. </font></p></blockquote> <blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">semplicemente ci ragguaglia Randall Wray:</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">“I cittadini, anche se impoveriti, sono costretti a pagare le bollette per mantenere uno standard minimo di sopravvivenza. Come faranno? Guarda chi è oggi il più ricco uomo del mondo; è colui che ha il monopolio privato dei telefoni in Messico, Carlos Slim, e i messicani non navigano certo nell’oro”.</font></p></blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Insomma siamo di fronte all’attuazione pratica di un piano criminoso partorito molti e molti decenni fa, come risulta dalle ricerche sempre approfondite di </font><a href="http://www.paolobarnard.info/home.php"><font size="3" face="Constantia">Paolo Barnard</font></a><font size="3" face="Constantia">, cosa c’è in gioco lo dice bene </font></p> <blockquote> <p align="justify"><span style="font-family: verdana"><font face="Constantia"><font size="3">l’economista Micheal Hudson (Univ. of Missouri, Kansas City) aggiunge: “<i>In gioco ci sono proposte per cambiare radicalmente le leggi e la struttura della società europea. Se le forze anti-lavoro avranno successo, spezzeranno l’Europa, che diventerà una palude morta col mercato interno a pezzi. Siamo a questo punto di gravità, è un colpo di Stato finanziario in piena regola”</i></font></font><a href="http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=194"><font size="3" face="Constantia">.(cit. 6)</font></a></span></p></blockquote> <p align="justify"><span style="font-family: verdana"><font size="3" face="Constantia">Prepariamoci dunque a tempi bui, sempre più bui, e quando sentiamo parlare di Europa e di euro aguzziamo l’udito, teniamo ferma e limpida la mente, perché in tanti saranno pronti a benedire questa struttura plutocratica- politico economica e finanziaria- che come ho riportato nel precedente articolo, non è stata fatta per il nostro bene, non è stata fatta per il sogno di un’Europa dei popoli, unità e libera, ma è stata concepita semplicemente per far guadagnare i soliti pochi su masse sempre crescenti di ignavi e inconsapevoli, e stata concepita per cancellare ogni residuo potere dei popoli e degli stati.</font></span></p> <p align="justify"><span style="font-family: verdana"><font size="3" face="Constantia">Siamo di fronte a un crimine contro l’umanità. Ma sono in pochi a comprenderlo. </font></span></p> <p align="justify"><span style="font-family: verdana"><font size="3" face="Constantia"></font></span> </p> <p align="justify"><span style="font-family: verdana"><font size="3" face="Constantia">Davide</font></span></p> <blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"></font> </p></blockquote> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Riferimenti in questo articolo: </font></p> <p align="justify"><a href="http://www.indipedia.it/news/l%E2%80%99europa-che-non-c%E2%80%99e" target="_blank"><font size="3" face="Constantia">cit. 1 e 2 L'Europa che non c'è di Ilvio Pannullo</font></a></p> <p align="justify"><a href="http://saudade-che.livejournal.com/227643.html"><font size="3" face="Constantia">cit. 3 Economia metapolitica, Valerio Evangelisti - Carmilla on line</font></a></p> <p align="justify"><a href="http://blog.panorama.it/economia/2010/12/21/si-allarga-la-crisi-in-europa-francia-e-belgio-nel-mirino-delle-agenzie-di-rating/"><font size="3" face="Constantia">(4) Si allarga la crisi in Europa: Francia e Belgio nel mirino delle agenzie di rating</font></a><font color="#0066cc" size="3" face="Constantia"> </font></p> <p align="justify"><font color="#0000ff"><font size="3" face="Constantia">(5) “<em>I problemi di Dublino non dipendono dall’euro</em>.” W. Hutton. “The Observer” comparso sull’”Internazionale n. 874</font></font></p> <p align="justify"><a href="http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=194"><font size="3" face="Constantia">(6) Aggiornamento I a "Il più grande crimine" di Paolo Barnard</font></a></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"></font></p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-60525463533108080522011-01-03T12:16:00.001-08:002011-01-03T12:24:27.576-08:00Il barbone e la paura della povertà.<p> </p> <p><img src="http://i219.photobucket.com/albums/cc218/tavinini_811/clochard.jpg"></p> <p> </p> <p> </p> <p> </p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Il primo post del 2011 nasce in maniera del tutto casuale, quindi vuole allontanarsi dalla solita retorica natalizia sui clochard, avrei potuto scriverlo in qualsiasi momento. Sto preparando un pezzo sulla crisi perpetua europea e mondiale quando m’imbatto nel pezzo pubblicato da Rosa in “Eliotropo” </font><a href="http://eliotroporosa.blogspot.com/2011/01/le-storie-invisibili-della-milano.html#comments" target="_blank"><font size="3" face="Constantia">Le storie invisibili della Milano povera</font></a><font size="3" face="Constantia">. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Vi sono delle riflessioni interessanti tra cui quella che io definirei “<em><strong>razzismo della povertà</strong></em>”: in cui si asserisce che il razzismo non dipenda più tanto da questioni di pelle, lingua o tradizioni differenti, quanto dal demone dell’essere poveri e ultimi in questo mondo. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Il barbone sarebbe in fondo nient’altro che lo specchio di ciò che saremo noi senza il nostro lavoro o la nostra famiglia che ci sostiene. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">La domanda successiva che viene quasi spontanea è la seguente: perché nel nostro ricco mondo c’è tanta paura della povertà? Non siamo forse la società dell’abbondanza? </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">La risposta è fin troppo semplice: finire poveri, diventare “ultimi”, nel nostro fatato regno dell’abbondanza, <u>non è diventato poi così difficile</u>, anzi è un attimo; basta perdere quella certezza dell’alzarsi ogni giorno la mattina per recarsi in ufficio, basta che l’attività cui si affidano piccoli e medi imprenditori conosca un periodo nero, abbastanza lungo da non permettere di ripagare i debiti o contrarre nuovi prestiti per rifornire l’attività. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Tempo fa ascoltai l’intervista a una negoziante di questo ricco nord, apparteneva alla medio borghesia (stava abbastanza agiata insomma), ebbene dopo un periodo di sfortuna nera, si ritrovò a dover chiudere battenti e cominciò a dormire in macchina con sua figlia, di colpo era piombata nella condizione di nullatenente, di colpo era diventata ultima fra gli ultimi, perdendo non solo la sua condizione d’agiatezza ma ovviamente buona parte delle sue relazioni sociali e dei suoi rapporti d’”amicizia”. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">La gente fugge dalla povertà, fugge come si faceva con gli appestati: forse è contagiosa. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Al moderno Yuppie e al vecchio arrivato, fa specie la povertà. Lui che si muove nella società dell’immagine, lui che è specchio luminoso della cultura della visibilità, lui che è levigato di mocassini in pelle, di giacche ben inamidate, lui che di professione scala, lui che per vocazione prende e divora, lui, la povertà la vede come una bava, un vomito che non deve azzardarsi a sfiorarlo. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">E poi ci sono quelli che non sono per niente yuppie, ma che vorrebbero essere yuppie, che ammirano la fresca lucentezza del nero metallizzato di un suv, che sognano quella fetta di potere da cravatta, quello stesso senso di potenza e di sicurezza, forse perché almeno a pensarla, la ricchezza, ci si sente più forti, ci si allontana da quel senso di povertà incombente. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Ma anche quelli che perduto il loro lavoro, con un mutuo che preme inesorabile e con diverse bocche da sfamare, non c’è la fanno più, la guardano dall’alto del davanzale, la bava della povertà, la bava che scorre verso di loro e decidono di gettarsi, di porre fine alla loro esistenza. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Non è un caso che nella nostra civiltà la parola “<em>sfigato</em>” e la parola “<em>vincente</em>” abbiano acquisito una forza inusitata. Non le ho mai accettate, perché accettarle significa accettare il modello culturale, in parte di derivazione americana e oramai praticamente globalizzato, del nostro barbaro vivere attuale.</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Ma che razza di mondo è questo, dove chi è triste non può mostrarsi triste perché qualcuno per forza ti dice sorridi e non abbatterti, che razza di mondo è questo, che devi essere sempre al massimo, o meglio mostrarti sempre al massimo perché nessuno deve dubitare che tu sia un vincente e non uno sfigato che presto o tardi finirà sotto le ruote dell’ingranaggio sociale. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Che mondo è un mondo dove tutti si guardano torvi negli occhi per “misurarsi”, a vicenda, dove sono arrivati e dove arriveranno (parafrasando ancora <a href="http://www.lacrisi2009.com/2010/12/capodanno.html" target="_blank">Francesco Zaffuto</a>).</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Che mondo è, un mondo dove gli ultimi, i poveri, vengono abbandonati all’indifferenza, alla violenza, alla morte per gelo e fame, per paura che contagino i germi della loro malattia: “la povertà”. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Può dirsi civile una società del genere, come si chiede Roberto nel suo blog </font><a href="http://viveresenzafissadimora.blogspot.com/" target="_blank"><font size="3" face="Constantia">"Vivere senza fissa dimora"</font></a><font size="3" face="Constantia">, che lui clochard lo è per davvero. E lo dice, chiaro e tondo, che a qualcuno forse conviene che i clochard restino tali, perché c’è un giro di soldi mica male, ci sono tanti squali che ci mangiano su questa carità. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia"> La risposta è chiara. E la sappiamo tutti. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Ma attenzione, come abbiamo detto in questo inizio d’articolo, come molti di noi sanno bene, finire poveri e ultimi, è davvero questione d’un attimo: in America, nel luogo del “sogno”, si calcola che vi siano oramai almeno <strong>40 milioni di poveri</strong>, di gente che riesce a malapena a fare un pasto al giorno</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Può essere fra non molte albe che ci svegliamo infreddoliti d’inverno, con una coperta appena a coprirci, una fontanella per levarci la cispa, e con lo stomaco che bercia per i morsi della fame, ritrovarci a “fare colletta” per metropolitane e vie della città, con gli sguardi della gente addosso (o peggio i non sguardi) e i “velenosi” commenti dei poliziotti. </font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Chissà, a sollevare anche solo per un attimo gli occhi, quanti amici ci staranno intorno in quel momento, e quanti invece si saranno dileguati facendo finta di non averci mai conosciuto: si accettano scommesse.</font></p> <p align="justify"><font size="3" face="Constantia">Davide. </font></p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com29tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-29015201369613270542010-12-28T11:41:00.001-08:002010-12-28T11:42:17.511-08:00Post di fine anno.<p align="justify"> </p> <p align="justify"><img src="http://www.mioelisir.com/index/wp-content/uploads/2009/12/brindisi-di-fine-anno1.jpg" width="280" height="352"></p> <p align="justify"> </p> <p align="justify"> </p> <p align="justify">Mi ritrovo qui a scrivere nulla di particolare. Questo d’altronde è un articolo di fine anno e, a me, i fine anno, creano nervosismo. </p> <p align="justify">Dovrebbero privatizzarlo, il fine anno: dovrebbero farci pagare una tariffa, così chi vuole, cambia anno, chi vuole tenersi l’anno in corso, lo tiene. Questa mi sembra vera democrazia. </p> <p align="justify">Mi risparmierei le nenie per quello che viene e le bestemmie per quello che va. </p> <p align="justify">Mi risparmierei la corsa al cenone, lo scoppio dei petardi e lo spumantino scadente del brindisi, gli auguri della convenzione, la gente ubriaca fradicia, la gente che se ne sta da una parte perché non deve festeggiare nulla. </p> <p align="justify">Natale e Capodanno sono una supposta messa al tempo per narcotizzarlo ulteriormente, giorni di gente che va e viene con buste e pacchi, giorni di lucine che illuminano la notte gelida e senza stelle, giorni pieni di filmini di sentimenti buoni che non si riescono mai a seguire per il rumore delle voci che gremiscono le case, giorni dove alita un vento ipocrita che scende sui commensali di tavole apparecchiate con la tovaglia impeccabile, quella dei giorni grandi. </p> <p align="justify">E poi c’è la lotteria, la lotteria nazionale, che accende i sogni sotto l’albero di milioni di cittadini. Prima che estraggano il biglietto vincente, almeno un milione di menti avrà viaggiato un paio di volte attorno al mondo e fatto il bagno nella piscina di un Hotel Hilton. </p> <p align="justify">In questo tripudio commerciale, in questo visibilio natalizio, addentando trippe e lenticchie, mi chiedo se ci sia ancora spazio per tornare indietro, ma non trovo risposte, avendo la mente e la pancia occupate dalla digestione. </p> <p align="justify">Il futuro è un’ombra che si allunga sulle nostre esistenze, ci beccherà alle spalle, mentre andiamo di qui e di là, incapaci di fermarci. </p> <p align="justify">Pasolini sapeva già tutto. </p> <p align="justify">Ma questo è solo un pezzo di fine anno, che non dice proprio nulla, scritto da uno nervoso. </p> <p align="justify">All’anno prossimo gente!</p> <p align="justify">Davide. </p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com15tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-52374683027799137862010-12-20T09:08:00.001-08:002010-12-20T09:08:16.884-08:00L’esistenza commerciale.<p align="justify"> </p> <p align="justify"> <img src="http://3.citynews-milanotoday.stgy.it/pictures/20101206/tiffany-piazza-duomo-milano.jpeg" width="398" height="303"> </p> <p align="justify"> </p> <p align="justify"> </p> <p align="justify">Da un paio di giorni, sarà un residuato del periodo natalizio, mi sta frullando l’idea di scrivere un articolo sul rapporto che c’è tra i diritti di ieri e quelli di oggi, tra l’uomo di ieri e il consumatore di oggi: sono stato anticipato da questo bel pezzo scritto da Stefano D'Andrea su Appello al Popolo- <a href="http://www.appelloalpopolo.it/?p=599" target="_blank">La tutela del consumatore nell'epoca della spoliazione dei diritti.</a></p> <p align="justify">L’articolo si chiede come mai, per quanto si sia assistito e si assista, alla progressiva spoliazione di diritti che vanno dalla moderazione salariale, alla stabilità del posto di lavoro, fino all’abrogazione dell’equo canone, i diritti dell’individuo in quanto consumatore siano, per converso, aumentati. </p> <p align="justify">Tra le tre ipotesi, la terza, ma soprattutto la seconda, sono quelle che trovano di più il mio accordo:</p> <blockquote> <p align="justify">“….”<font face="Calibri">La seconda è che si sia trattato di <b><i>valium</i></b>. La tutela del consumatore è soltanto un palliativo, <b>un <i>narcotico</i></b>, che serve a dare un certo “benessere” al singolo mentre è spogliato di diritti e isolato dagli altri singoli individui, per effetto della immersione nell’immenso presente mediatico e della sollecitazione spasmodica dell’infantile e primordiale io desiderante, e così reso dimentico che il singolo individuo è o potrebbe essere parte di un popolo, con una storia tutta da costruire dinanzi a sé. !”…..” <font size="1"><em>cit. dall’articolo</em></font></font></p></blockquote> <p align="justify">D’altronde è vero che il consumatore è solo: egli esercita i suoi diritti, nella maggior parte dei casi, come soggetto singolo, e non come entità collettiva, come poteva succedere agli operai in Italia nei primi anni del novecento, riuniti negli allora nascenti consigli di fabbrica. </p> <p align="justify">La differenza è sostanziale, dunque. La stessa forza, nell’esercizio dei due diritti, ha un peso completamente squilibrato a favore dei diritti che nascono come esigenza collettiva, di popolo appunto; inoltre, è il loro stesso esercizio, a produrre nella collettività effetti completamente diversi: far valere un proprio diritto, in quanto consumatore, non ha alcun effetto positivo di lunga durata sul progresso della civiltà, non cementa la società, non libera le sue forze motrici e le sue matrici storiche, non genera particolari sentimenti di solidarietà e di vicinanza tra simili.</p> <p align="justify">Inoltre concordo sul fatto che vi possa essere</p> <blockquote> <p align="justify"><font face="Calibri"><em><strong>“…..” complementarità, e non compensazione, <span> </span>tra “tutela del consumatore” e “leggi di spoliazione””…..”</strong></em></font></p></blockquote> <p align="justify">A farmi scartare l’ipotesi compensativa è una cosa semplice: non può esservi compensazione tra l’esercizio di diritti inalienabili (che il sottoscritto considera “naturali”) e i nuovi diritti collegati al consumo, in quanto, nel momento in cui il consumo cessa, cessa anche il diritto ad esso connesso. </p> <p align="justify">Che il consumatore sia divenuto oggi portatore di nuovi e più incisivi diritti, sarebbe buona cosa, se appunto, in quanto uomo e collettività, non venisse amputato dei vecchi e più fondamentali diritti. </p> <p align="justify">Il “legislatore” citato nell’articolo, oltre ad essere l’agente istituzionale che produce l’abbattimento dei diritti, e anche un nome “fittizio” per indicare l’insieme di forze che ne intraprendono l’abbattimento: sicuramente non si tratta ne del governo ne del parlamento che si fanno semplici portatori di “esigenze” esogene al loro primario sentire.</p> <p align="justify">Dal punto di vista della <strong>qualità </strong>dei due diritti, dunque, non c’è paragone, tra i diritti di un uomo e i diritti di un consumatore: i primi distanziano anni luce i secondi. </p> <p align="justify">In ultima analisi si può dire che la spoliazione dei diritti in atto, in favore di una più marcata tutela del consumatore, non sia altro che il segno evidente di quanto “l’esistenza commerciale” abbia oramai acquisito una forza inusitata nelle nostre esistenze, e di quanto l’eterna diatriba tra l’essere e l’avere, stia giungendo a una sintesi definitiva, con la vittoria per <em>no contest</em> dell’avere. </p> <p align="justify">D’altronde termini come “indignazione” e “offesa” vengono sempre più associati, dall’uomo/consumatore, esclusivamente all’esercizio dei propri diritti di consumatore. Al contrario, ogni volta che si assiste alla spoliazione di diritti fondamentali è raro sentire anche il solo sbatter d’ali di una mosca. </p> <p align="justify">Non c’era in fondo momento migliore per scrivere questo pezzo, in questo fiorire di neon natalizi; in questa Milano di <em>sagome e ombre </em>dedite allo shopping; sotto a quel gigantesco albero morto di piazza Duomo, smembrato in più parti, impacchettato e montato con le gru in un “<em>trionfo d’ecologismo”; negli scheletri di quei pacchi di Natale infiocchettati a cornice, sotto quello stesso albero morto, che tradiscono, dall’attendere di un’infinita e infreddolita fila umana, la presenza di un boutique colma di gioielli di Tiffany, mentre a pochi passi, appena sotto le scale che annunciano l’ingresso della metro, i poveracci, quelli veri, sperano nel tintinnio di qualche monetina fatta cascare sbadatamente dai passanti. </em></p> <p align="justify">Davide</p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-64220647459533011962010-12-14T12:57:00.001-08:002010-12-19T14:21:59.195-08:00Non m’interessa se cade Berlusconi.<p> </p> <div style="padding-bottom: 0px; margin: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; display: inline; float: none; padding-top: 0px" id="scid:5737277B-5D6D-4f48-ABFC-DD9C333F4C5D:3cf94339-66ba-4a47-812f-8ab5e266c6d0" class="wlWriterEditableSmartContent"><div id="72d08308-bdd2-46c2-8e98-6a3b5964b2b7" style="margin: 0px; padding: 0px; display: inline;"><div><a href="http://www.youtube.com/watch?v=f0bzBKgHyOw" target="_new"><img src="http://lh4.ggpht.com/_eHzzruOh9rI/TQ6FhiXTVmI/AAAAAAAAAK8/LU8eElf2Cqg/video8c61ff647b8d%5B2%5D.jpg?imgmax=800" style="border-style: none" galleryimg="no" onload="var downlevelDiv = document.getElementById('72d08308-bdd2-46c2-8e98-6a3b5964b2b7'); downlevelDiv.innerHTML = "<div><object width=\"425\" height=\"355\"><param name=\"movie\" value=\"http://www.youtube.com/v/f0bzBKgHyOw&hl=en\"><\/param><embed src=\"http://www.youtube.com/v/f0bzBKgHyOw&hl=en\" type=\"application/x-shockwave-flash\" width=\"425\" height=\"355\"><\/embed><\/object><\/div>";" alt=""></a></div></div></div> <p> </p> <p> </p> <p align="justify">Non pochi italiani si sono augurati la caduta del governo Berlusconi. Altrettanti, se non di più, si sono augurati l’esatto contrario. </p> <p align="justify">Il governo non è caduto. </p> <p align="justify">La cosa non mi rattrista ne mi rende felice. La cosa mi è indifferente. </p> <p align="justify">La destra e la sinistra sono delle semplici facciate vuote. La politica, quella dei media, parla ancora di “scelte” degli elettori, quando si recano alle urne; ma si può scegliere quando i candidati vengono “cooptati” dai partiti politici! E’ una scelta votare tra due coalizioni che sono il risultato di un’arbitraria addizione di correnti ideologiche completamente disomogenee tra loro, fatta per accaparrarsi il maggior numero di voti utili possibile? Si può scegliere tra il bianco e il nero, se ne il bianco, ne il nero, esistono?</p> <p align="justify">Ha senso recarsi alle urne una volta per esprimere un voto, e poi lasciare che il gioco delle parti faccia il resto, senza occuparsene più, come se la cosa non ci riguardasse!?</p> <p align="justify">Negli ultimi trent’anni (per usare un periodo qualsiasi), durante l’avvicendarsi dei governi di destra e dei governi di sinistra, qualcuno ha visto migliorare le cose? </p> <p align="justify"><strong>E’ migliorata la nostra condizione salariale? </strong></p> <p align="justify"><strong>E’ migliorata la nostra condizione abitativa?</strong></p> <p align="justify"><strong>E’ migliorata la nostra sanità?</strong></p> <p align="justify"><strong>E’ migliorata la qualità dell’istruzione?</strong></p> <p align="justify"><strong>Sono migliorate le nostre pensioni?</strong></p> <p align="justify"><strong>E’ migliorato il modo in cui lo stato si occupa delle classi più disagiate? </strong></p> <p align="justify"><strong>E’ migliorata la nostra qualità della vita, in generale?</strong></p> <p align="justify">A quante di queste fondamentali domande possiamo rispondere in maniera affermativa? </p> <p align="justify">A nessuna. </p> <p align="justify">Altra fondamentale domanda che pongo: <strong>in quale misura i governi, che si sono avvicendati nel corso di questi anni, si possono definire responsabili dello scempio perpetrato sulla pelle di tantissimi cittadini? </strong></p> <p align="justify"><strong>La loro responsabilità è minima, se rapportata a ben altre “agenzie” di potere, di vero potere. Pensiamo all’Europa del Trattato di Lisbona, pensiamo al WTO, pensiamo alle Lobbies, pensiamo agli speculatori internazionali. (solo per citarne alcune)</strong></p> <p align="justify">Siamo così sicuri che la caduta di questo governo possa incidere realmente sulla qualità della nostra vita? </p> <p align="justify">Credo che la maggior parte di noi lo sappia: la risposta è <strong>no.</strong></p> <p align="justify">Mi confesso apartitico, completamente apartitico. </p> <p align="justify">La destra e la sinistra sono mere costruzioni ideologiche, non esistono differenze. I partiti sono la parte risibile e superficiale del potere. </p> <p align="justify">L’iceberg è sotto di noi, ci dobbiamo immergere un attimo per vederlo interamente: è un mostro gigantesco. Noi vediamo piccole calotte di ghiaccio, vediamo piccoli aghi di un pino.</p> <p align="justify">E’ il pino che non riusciamo a vedere. Il pino non è affatto composto dai partiti politici, dal nostro governo, o dal nostro parlamento. </p> <p align="justify">Il pino è ben altro, tutt’altro, ma una cosa è certa: quel pino siamo anche noi, quel pino lo nutriamo soprattutto noi!</p> <p align="justify">Davide.</p> Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-12157935349898839862010-12-12T19:00:00.001-08:002010-12-16T02:19:16.045-08:00Internet.<img src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrEPGtamMfXj-I7-47qAz6vQudfuOX_K104IVyzj21-RFiYzR5XBBmGggscEQAlVu1Ei_hxArapwXrK-DI1oYKmzIwO6DtGpnD4Mt_aAt92m9oTzNoMEWg5PA0ncLwtvzwOHKcxZ33Fy8/s1600/internet.jpg" /> <br />
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<div align="justify">Ha ragione chi dice che internet non è quel luogo di libertà che si crede. Internet è una trappola molto ben architettata per tutti noi.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">La rete ha generato un’euforia fuori controllo, si formati gruppi di attivisti di ogni genere, di “belle anime” come le chiama Paolo Barnard, le quali credono a colpi di click, di firme di petizioni digitali, di commenti accorati ad articoli di denuncia, di contribuire in una qualche misura a migliorare il mondo.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">La realtà è ben altra. E’ da ingenui credere che uno strumento del genere sia fuori controllo, che il potere, quello che conta, si stia cacando sotto nel vedere l’esplosione di denunce che ha prodotto questa rete globale.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Se fosse così forte la pressione digitale delle denunce, se fosse davvero uno strumento così potente e inarrestabile, internet, sarebbe quanto meno limitato, sarebbe censurato come lo è in Cina. (In qualsiasi momento possono decidere di farlo anche da noi, ne hanno ovviamente gli strumenti) Wikileaks, ad esempio, sembra chissà quale affare gigantesco, tuttavia non ha prodotto e non produrrà nessun devastante terremoto, poiché quello che divulgherà sarà “robetta” da discutere nei rotocalchi tv o nei tg, giustappunto per continuare a distrarre la massa da quello che conta. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Il Potere sa bene che questo strumento contribuisce ad addormentare le anime, le porta via dai luoghi dove storicamente la lotta ha avuto degli effetti ben più devastanti: i luoghi di lavoro, i circoli, le piazze e più in generale i luoghi di ritrovo. Sa bene che una denuncia che circola sul web non può far male come “centomila” manifestanti incazzati che assaltano le sue sedi; sa bene che le stesse notizie di denuncia possono essere architettate ad hoc e create a seconda delle necessità e fatte circolare per creare ulteriore confusione; sa bene che stando a casa dietro al nostro pc non potremo fare nulla di rilevante: quindi ci offre, e mentre lo fa ghigna di gusto, l’illusione di questa incredibile piattaforma di libertà.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">I nostri nonni e i nonni dei nostri nonni non avevano internet eppure hanno ottenuto enormemente di più di quanto non si riesca a fare noi con questo meraviglioso strumento.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Noi invece siamo bloccati, non riusciamo più a far valere i nostri diritti, non riusciamo più a ribellarci: il nostro mondo è diventato un giardino virtuale, mentre fuori la terra di sta “spolpando” del verde e avanza inesorabile il deserto.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Presto le strade saranno sgombre e noi intanati nelle nostre dimore a cliccare forsennatamente di qui e di la: l’epoca dell’ultimo uomo, per citare Nietzsche, è quella dell’uomo virtuale i cui atti di ribellione non fanno tonfi, ma solo riverberi sonori digitali, che tanto sanno di buchi nell’acqua. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Non abbiamo scuse: io, noi, voi, tutti.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><b>La rete si aggiunge ai due caposaldi del nostro tempo, formando un trittico di tutto rispetto: cultura della visibilità, esistenza commerciale e internet (appunto).</b></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Davide</div>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-23770767277971946452010-12-09T17:02:00.001-08:002010-12-16T02:17:59.446-08:00La differenza tra realtà e verità.<div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><img src="http://www.lineheight.net/images/articoli/oltre_velo_maya/velo_maya.jpg" /> </div><div align="justify"> <span style="font-size: xx-small;">(Questo articolo parla di cose che si danno per scontate… ma che così scontate non sono)</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">In un mondo dove la quantità d’informazioni è ciclopica, diventa fondamentale utilizzare la propria testa ed esercitare il proprio senso critico. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Partiamo dal presupposto che se ogni giorno nel mondo accadono migliaia di fatti, più o meno importanti, non potremo mai venire a conoscenza di tutti questi fatti; in secondo luogo, buona parte di quest’informazione viene filtrata arbitrariamente dai media preposti a fornirla: sono loro insomma a decidere cosa è importante per noi, quando lo dobbiamo (o non lo dobbiamo sapere), come lo dobbiamo sapere e quale parte della notizia dobbiamo ignorare.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">E’ l’antica questione che intercorre tra l’informare dei fatti e l’informare sui fatti: tra ciò che è reale e ciò che è vero. Lo dice molto bene, per quanto lo ritenga coinvolto nello stesso sistema , Marco Travaglio ne “<b>La scomparsa dei fatti</b>”, </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario"><i>"Il sistema più semplice per cancellare i fatti è – molto banalmente – quello di non parlarne. Ignorarli. E sostituirli con altri della stessa specie e della stessa importanza, usati come diversivi, come coprenti. Non sempre, però, i fatti sostitutivi sono disponibili quando occorrono: in questo caso, non resta che inventarne qualcuno di sana pianta, oppure gonfiarne uno già esistente, ma di poco conto."</i></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Ora, non di meno, stiamo parlando della stessa differenza che intercorre tra realtà e verità.</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario"><span class="wuzSommario">La differenza tra questi due concetti apparentemente uguali, diventa fondamentale quando si parla di informazione: i media possono creare la Verità, quella con la V maiuscola e, dato che molti non distinguono realtà da verità, tenderanno a concepire la verità costruita dai media, come realtà. </span></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Se assumiamo che la realtà è ciò che è immutabile e oggettivo; la verità è invece qualcosa di più sottile, riguarda il modo di percepire il mondo che hanno tutti gli esseri umani attraverso i propri organi sensoriali e cognitivi. Già i nostri sensi, sono un’interfaccia attraverso cui noi guardiamo il mondo, come lo le nostre conoscenze e le nostre percezioni: l’essere umano dunque è già di per se un filtro, la sua mente lo è, produce un punto di vista, soggettivizza ogni cosa. </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Questo limita di parecchio la nostra capacità di vedere il mondo esattamente cosi com’è.</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Si dice che i pochi esseri umani in grado di leggere perfettamente (o quasi) la realtà siano i cosiddetti <a href="http://matteorisaliti.blogspot.com/" target="_blank">idiot savant (vedi articolo)</a> o savant prodigio, i quali sono dotati di capacità prodigiose, per quanto, paradossalmente, tali capacità siano dovute più a una mancanza o a un difetto del cervello, che a qualcosa in più rispetto agli altri essere umani. </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Perché la verità diventi tale, occorre, tuttavia, che la percezione sensoriale e cognitiva di un dato evento sia accettata da un determinato numero di persone, il più alto numero possibile. </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Se dico: “ieri un aereo ha sorvolato casa mia”, la maggior parte di voi, lasciando in sospeso le considerazioni sull’attendibilità della mia persona, assumerà che quanto ho affermato possa essere molto vicino a verità. </span></div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Ma se dico: “cinquecento anni fa un aereo ha sorvolato la zona dove ora c’è casa mia”, in questo caso quasi nessuno, se non nessuno, sarà disposto ad assumere questa frase come vera, dato che in quel momento storico non esistevano aerei. </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">In questo mondo, dove la conoscenza, si espande a dismisura, tanto che tutto il sapere accumulato è inconoscibile per il singolo essere umano, dobbiamo affidarci agli specialisti, e spesso, agli specialisti degli specialisti. </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Per sapere se una cosa fa male chiediamo a un medico, per sapere se un cibo fa ingrassare chiediamo a un dietologo e così via. </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Pensiamo ad esempio alla storia della pubblicità del tabacco: esso venne pubblicizzato fino a non molti decenni fa, per quanto già a inizio novecento ci fossero degli studi che comprovassero danni irreparabili ai polmoni per i fumatori, eppure, fino a quando non è emersa la “verità” nessuno si sognava di dire che il fumo uccidesse.</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Pensiamo alla storia delle “armi di distruzione di massa” tanto care a Bush, per farne un altro: quella armi non esistevano, ma fino a quando non l’hanno ufficializzato la verità era un altra.</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Insomma questo sistema, disponendo di specialisti in varie discipline, disponendo di professionisti dell’informazione, di orientatori dell’opinione, può creare in qualsiasi momento delle verità che verranno assunte come reali dalla maggior parte delle persone, unicamente per raggiungere degli scopi predeterminati.</span></div><div align="justify"><span class="wuzSommario"></span><span class="wuzSommario">Nel mondo di oggi, quindi, nulla è più importante dell’adoperare il proprio senso critico, per quanto sia parziale,</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario"><b>nessuno deve dirci la verità</b> (che è sempre la sua verità e non un verbo assoluto), </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">bisogna imparare a usare la bussola che c’è dentro il cervello per </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">navigare in questo mare di notizie, diffidare del verbo di specialisti e opinionisti di sorta – non prendendolo insomma per oro colato, ma verificandolo sempre nei limiti del possibile.</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario"></span><span class="wuzSommario">Inoltre sono tante le notizie fondamentali che non ci verranno mai fornite, o peggio, che verranno ridicolizzate o strumentalizzate per fare il gioco di chi sta al potere.</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="wuzSommario">Il nostro obbiettivo non potrà essere quello di scoprire in toto la realtà immutabile (per definizione inconoscibile), ma cercare di avvicinarci il più possibile ad essa, solo così potremo sentirci uomini liberi: perché solo da uomini liberi potremo agire veramente e nel pieno della nostra consapevolezza. </span><span class="wuzSommario"> </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Davide</div>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-7140965614158878852010-11-26T17:41:00.001-08:002010-11-30T14:54:33.098-08:00Precari I. Riflessioni sparse.<span style="font-size: xx-small;"><img src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifsFybVboM3srxrEkiDgy1TN0MNaHTygmDJ0jYpoefRnK15Ie2t5EmOswyVV-9UYVXfZ6W_UI-pMbR3RBHWoe3gRBazgD2C4Gw8cFypqyo4L7vcumQ9obCbzuzEyz58cponH0UXxyriAo/s320/img_equilibre_confiance.jpg" /> </span><br />
<br />
<span style="font-size: xx-small;">(Il tema verrà approfondito in seguito: nei suoi aspetti storici e legislativi…questo è soprattutto uno sfogo) </span><br />
<br />
<br />
<div align="justify">Ricordo ancora quando alle superiori per la prima volta ho sentito il termine: flessibilità. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Il termine era affiancato al termine globalizzazione e veniva utilizzato per indicare un cambiamento, addirittura evolutivo, nel mercato del lavoro. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Ci veniva detto, a noi studenti, che con l’internazionalizzazione del mercato, il lavoro non sarebbe più stato quello fisso dei nostri padri, ma che ci si doveva abituare a pensarlo in maniera globalizzata: ossia si doveva imparare a cambiare mestiere continuamente, di conseguenza ci si doveva anche aggiornare, per essere pronti alle rinnovate esigenze d’un mondo in continuo cambiamento. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Cazzate!</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Ho visto bene cosa significa essere flessibile. Ci sono stato invischiato per più di cinque anni nella flessibilità, e l’unica cosa flessibile che avevo all’epoca era l’angolo del mio deretano sempre in bilico tra l’aprirsi di quarantacinque o novanta gradi. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Il fatto è che tutti questi discorsi sulla globalizzazione non ci venivano solo detti ma erano già scritti nei libri che ci facevano leggere, libri che osavano chiamarsi didattici. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Forse ci volevano preparare: bello te l’ho dico ora, così lo sai. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Ma a diciassette anni non ti frega nulla del mondo del lavoro, almeno in Sardegna. Ricordo la mia professoressa che ci guardava severa: vedrete vedrete poveri illusi, vedrete quando uscirete da qui….</div><div align="justify">Lei aveva ragione, probabilmente quei puntini di sospensione si riferivano all’inferno.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"> </div><div class="centrato"><span style="font-size: small;"><b>Art. 1 </b></span></div><span style="font-size: small;"><b>L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro</b></span><br />
<br />
<div align="justify">L’Italia è fondata sul lavoro: ma quale tipo di lavoro mi chiedo? Può un lavoro rendere schiavi?</div><div align="justify">La risposta è si: certamente. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Si stima siano quasi 4.000.000 gli schiavi acclarati: co.co.co., Lap, interinali, stagisti, ricercatori e docenti precari, dottorandi, borsisti, lavoratori socialmente utili, tempi determinati, occasionali, stagionali. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">La maggior parte di queste persone non arriverà alla pensione minima. Creperà di fame quando avrà i solchi delle rughe sulla faccia, mentre avrebbe diritto quantomeno a godersi la vecchiaia dopo aver svenduto la propria esistenza , alla mercé d’aziende che sfruttano leggi alla mercé di lobbisti. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Tutto un fottuto mercimonio d’esistenze, gettate nel fango della precarietà, nel non futuro.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Quattro milioni di esseri umani non ci stanno ne a Roma ne a Milano. Immaginateli tutti insieme che affollano le vie della città: sono una marea infinita di teste mozzate! Il boia ha scagliato la scure <b>q-u-a-t-t-r-o m-i-l-i-o-n-i </b>di volte. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Ai padri e alle madri dico: guardateli sono i vostri ragazzi! Alle mogli dico: guardate sono i vostri mariti… ai mariti….ecco le vostre mogli…e ai giovani dico: ecco il vostro oblio! </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Guardate come li hanno ridotti. Piegati e schiavi. Muti e chini sul lavoro. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Altrimenti via di qua, VIA!, avanti un altro: di schiavi c’è ne migliaia la fuori, sono un esercito, un esercito disunito di disperati in cerca d’un tozzo di pane…e pronti a calpestarsi a vicenda</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">e questo è quanto. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Davide. </div><div align="justify"><br />
</div>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-41605617390093165062010-11-26T12:35:00.001-08:002010-11-26T14:26:43.220-08:00Lo spirito del sonno<img src="http://www.scienzagiovane.unibo.it/images/chaplin_sonno_large.jpg" /> <br />
<br />
<div align="justify">V’è, nell’uomo, al pari d’una naturale inclinazione all’autoconservazione della propria specie, un’altra istanza: l’esigenza d’esplorare il proprio orizzonte percepito. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Vi sono dunque due “istanze” una conservativa, l’altra attiva, entrambe presenti, in misura diversa in ogni essere umano.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">L’uomo è istintivamente portato a mangiare, dormire, riprodursi e starsene tranquillo: è lo “spirito del sonno”. </div><div align="justify">Questo è il lato ombroso e pavido della nostra dimensione umana, mai come in questo momento, presente. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Anni luce ci separano dalle epoche ruggenti della storia, da quei decenni ultimi dell’800, ad esempio, quando un ribollire di idee e movimenti soffiava sul nostro continente, e altrettanti, dai fermenti che presero lo slancio negli anni 60, sul ponte della faticosa ricostruzione postbellica d’un decennio prima.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Alla stessa stregua di una barca che dondola annoiata in mezzo al mare, quando appena un alito di vento la spinge, al punto da apparire quasi immobile all’occhio distratto che la osservi, la nostra epoca sembra bloccata, in catalessi, assonnata.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Ricordo un bel cartone animato in flash che racconta la banale esistenza di un uomo medio: uno come noi. Uno che si innamora, uno che si sposa, uno che lavora. Il cartone propone ritualmente lo stesso copione esistenziale: l’uomo s’alza, saluta la moglie, va al lavoro, rincasa, risaluta la moglie, si addormenta.</div><div align="justify"> Ad un certo punto il filmato accelera a dismisura. Si vede l’uomo che va e viene rapidissimamente dal lavoro, come se nella vita non facesse altro, fino a quando non giunge la pensione poi, inevitabilmente, la bara.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"> </div><div align="justify">A vederla così, l’esistenza, letta in questa chiave estrema e svuotata del suo lato emotivo ed umano, appare come un ripetersi ciclico di atti privi di senso, assomigliando più all’attività della fase del sonno che alla vita. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"> </div><div align="justify">C’è una sorta “d’incoscienza collettiva” in quella massa assonnata di gente che si sposta la mattina di casa per andare al lavoro, dedicandovi quasi interamente la propria giornata, spendendovi le proprie migliori risorse fisiche e mentali. Questa massa non ha altro fine se non quello di mangiare, riprodursi, dormire e starsene tranquilla. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Che lo si accetti o meno, per la maggior parte degli esseri umani, il senso di tutte quelle ore passate a svolgere un’attività, a volte terribile, è quello: ed è proprio in questo che consiste lo spirito nel sonno, in quell’agire meccanico, automatico, senza l’accenno di una ribellione allo stato delle cose. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Nei luoghi di lavoro, dove piccole e grosse angherie sono all’ordine del giorno, questo spirito del sonno avvolge ogni cosa, anche qui sono lontani anni luce i tempi dei consigli di fabbrica, come se nella nostra epoca si fosse arrivati a un punto d’evoluzione tale che tutto invita al quietismo degli animi: in realtà è una falsità, si è quieti per non complicarsi l’esistenza, pensando che non appena l’effetto dell’angheria cesserà potremo tornarcene tranquilli nelle nostre dimore. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Per quanto la nostra società appaia immobile dal punto di vista dell’esistenza assonnata, essa si muove e lo fa in una direzione ben precisa: arretra. Il mondo sta arretrando: i diritti piano piano vengono erosi, la povertà si allarga come fanno le crepe sui muri col passare degli anni, gli ideali si congelano, la solidarietà è spazzata dall’individualismo, il furbo soppianta l’onesto e il sonno si sostituisce alla vita alimentato da tv, supermarket, social network e cultura dell''immagine.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Rarissimi sono gli uomini che hanno fatto della lotta un loro modo di vivere, gli uomini che non hanno perso il coraggio d’esplorare, che non si arrendono al dato, che anelano a un mondo più giusto; dominati dall’inquietudine e dal dubbio, essi s’aggirano spesso in solitudine, compagni di se stessi e della loro insoddisfazione, basterebbe per loro l’accettare di rifugiarsi nello spirito del sonno e deporre le armi per vivere una vita più agiata: ma a loro appartiene il sogno di un mondo migliore che sanno non potrà essere senza sacrificio.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Apparentemente dunque la sonnolenza che contraddistingue la nostra epoca, che sembra l’ultima epoca, non è un male così profondo, se a lottare ed esplorare si può stare peggio, ma c’è un momento in cui ognuno di noi può percepire che quest’ultima considerazione non è poi così esatta: quel momento è quando ci svegliamo.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Ci svegliamo quando veniamo licenziati, ci svegliamo quando non abbiamo più un soldo, ci svegliamo quando subiamo una grossa ingiustizia, ci svegliamo quando veniamo gettati sulla strada e non ci resta niente. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">In quel momento ci rendiamo conto che il mondo in cui viviamo non è poi così meraviglioso e libero come sembra e, dal profondo, ci sale un senso di rabbia incolmabile, poi sopraggiunge lo sgomento e infine la rassegnazione. E’ triste svegliarsi all’improvviso e vedere che non c’è nessuno che voglia o riesca ad ascoltarti.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Una cosa è essere felici quando dormiamo, ben altra cosa è essere felici quando siamo svegli.</div><div align="justify">Davide.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"> <span style="font-size: xx-small;"><i> “Le grandi cose devono indossare maschere mostruose prima di potersi imprimere nel cuore dell’umanità”. Nietzsche</i></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><h1 class="firstHeading" id="firstHeading"></h1>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-15224024184257787752010-11-19T01:44:00.001-08:002010-11-30T14:52:47.797-08:00La crisi dell’Irlanda, la crisi perpetua. (I)<img height="373" src="http://mariopulimanti.blog.kataweb.it/files/2009/06/crisi1.jpg" width="256" /> <br />
<br />
<div align="justify"><span style="font-size: xx-small;">(Prima parte introduttiva alla crisi irlandese. </span><span style="font-size: xx-small;">Scrivo da semplice osservatore, non sono assolutamente un esperto di borsa, a parte qualche esame di economia dato all’università e qualche testo letto qua e là. )</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span style="font-size: small;">La crisi irlandese, la recente crisi greca, la crisi portoghese, la crisi spagnola, le difficoltà italiane, i tagli inglesi, le riforme tedesche, le proteste degli studenti inglesi: all’improvviso, nel giro di qualche anno, da quando è montata una delle più terribili crisi economiche che l’epoca contemporanea ricordi, sembra che l’economia degli stati europei sia divenuta un colabrodo, che non riesca più a sostenersi senza fare tagli di spesa che a pagare siano sempre i poveri cittadini. </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span style="font-size: small;">A memoria, prima che ci fosse l’avvento dell’euro (1 gennaio 2002), non ricordo una situazione tanto devastante, a tal proposito riecheggiano nella mia mente le parole di Jacques Attali, economista, banchiere internazionale nonché eminenza grigia di Mitterand:</span></div><div align="justify"><br />
</div><span style="font-size: small;"> <div align="justify"><span class="UIStory_Message"><i>"<b>Non è colpa nostra se la plebaglia europea è convinta che l'unione monetaria è stata fatta per la loro felicità</b>".</i></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="UIStory_Message"><i>Dunque il problema è l’euro. Ed è incredibile che i sindacati non si siano resi conto di questo, è incredibile come tendano a giustificare la blanda efficacia delle loro azione facendosi scudo con la crisi esplosa nel 2007: ma questa crisi ha l’aria di essere perpetua, perché è sistemica, non è un errore o una congiuntura- per parafrasare l’agente Smith di Matrix - ha il <b>sapore dell’inevitabilità</b>. </i></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="UIStory_Message"><i>A colpi di crisi, prima uno stato poi un altro, nonostante la creazione di un fondo di 750 miliardi di euro per far fronte al rischio default di alcuni stati membri, si assiste al progressivo smantellamento del welfare in nome del contenimento del debito pubblico e dei parametri stabiliti dall’Unione Europea. </i></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="UIStory_Message"><i>Non mi pare che prima dell’avvento dell’euro si parlasse di rischio default per qualsivoglia paese in Europa, non mi pare che gli Stati Uniti siano meno indebitati dell’Irlanda eppure per loro non si parla di rischio default: sarà che gli Stati Uniti mantengono ancora la sovranità della loro moneta. </i></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="UIStory_Message"><i>Con l’avvento dell’euro uno stato che vi aderisca non ha più la sovranità monetaria e per accedere ai fondi necessari a garantire i servizi, <b>“d</b></i><span style="font-family: verdana;"><b>eve bussare alle porte di creditori privati per farsi PRESTARE gli Euro PRIMA di poterli spendere per la comunità (vendiamo titoli di Stato sui mercati di capitali dove dobbiamo competere e pagare tassi decisi dai privati).</b></span><i> “ <a href="http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=182" target="_blank">citazione</a> </i></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="UIStory_Message"><i>Questo è uno dei nodi fondamentali; gli stati sono dipendenti dai mercati finanziari, ne subiscono le leggi e le distorsioni, sono alla mercé di agenzie di rating che ne stabiliscono l’attendibilità e il grado di solvenza: il grado di indipendenza di queste agenzie rispetto ai grandi speculatori internazionali non è assolutamente garantito, pertanto ci si può ritrovare, dall’oggi al domani, ad essere uno stato pig. </i></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span class="UIStory_Message">fine prima parte. </span></div><div align="justify"><span class="UIStory_Message">Davide</span></div><div align="justify"><br />
</div><h3 align="justify" class="UIIntentionalStory_Message" data-ft="{"type":"msg"}"><span style="font-size: small;"></span> </h3><h3 align="justify" class="UIIntentionalStory_Message" data-ft="{"type":"msg"}"><span class="UIStory_Message"><i><span style="font-size: small;"></span></i></span> </h3><h3 align="justify" class="UIIntentionalStory_Message" data-ft="{"type":"msg"}"><span class="UIStory_Message"><span style="font-size: small;"></span></span><span class="UIStory_Message"><span style="font-size: small;"></span></span> </h3><h3 align="justify" class="UIIntentionalStory_Message" data-ft="{"type":"msg"}"><span class="UIStory_Message"><span style="font-size: small;"></span></span> </h3><h3 align="justify" class="UIIntentionalStory_Message" data-ft="{"type":"msg"}"><span class="UIStory_Message"> </span></h3><h3 class="UIIntentionalStory_Message" data-ft="{"type":"msg"}"><br />
</h3></span>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-47414399636699382992010-11-14T02:17:00.001-08:002010-11-14T02:51:13.215-08:00Lo straniero e la nostra identità: I parte.<img src="http://www.dirittodicritica.com/wp-content/uploads/2009/09/sangue_straniero.jpg" /> <br />
<br />
<div align="justify"><b><span style="font-size: xx-small;">(Cercherò in questi articoli di approfondire il più possibile la relazione che intercorre tra noi e lo straniero. Il tema è molto lungo quindi ho pensato di frammentarlo in più articoli. ) </span></b></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Varcano i nostri <b>confini</b>, provengono da terre a volte con nomi esotici, a volte con nomi impronunciabili, invadono le terre che furono dei nostri padri e dei padri dei nostri padri; è l’orda barbarica che preme sul <i>limes</i> dove, appena qualche passo dopo, fumano i nostri comignoli e l’intimità delle nostre abitazioni. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Straniero –<i> strano- estraneo da…. estraneo a noi…strano “da noi”….diverso da noi. </i></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Il termine straniero è correlato direttamente alla nostra identità<i>:</i> <i>lui è in quanto non è noi e noi siamo in quanto non siamo lui.</i></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">I confini, per i romani, erano limiti designati da pietre, le quali, essendo sacre, non potevano rimuoversi senza commettere delitto: allora lo straniero che viene da noi varca un limite portandosi dietro un mondo altro, un mondo che ha tradizioni e leggi differenti dalle nostre, non si accontenta insomma di venire da “solo”.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">In fondo il confine stabilisce il limite (limes appunto) tra ciò che c’è dentro e ciò che sta fuori dal nostro mondo, varcando tale limite, il barbaro (l’equivalente di straniero nell’antica Grecia e nell’antica Roma), porta icasticamente un mondo nuovo facendo vacillare le certezze del nostro: dice che il nostro ordine non è l’uno e il solo, dunque provoca in noi uno <b>spaesamento</b>.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Non dimentichiamo che il paesaggio <span style="font-family: Times New Roman;">è “soprattutto un contenitore di simboli, un insieme di segni, quindi di significanti e di significati”<span style="font-size: xx-small;"><a href="http://www.seminaribussento.org/public-docs/seminario/Daloisio_Intervento.pdf" target="_blank">cit</a>,, </span><span style="font-size: small;">a questo proposito e interessante riportare la storia raccontata da Ernesto de Martino su una sua opera uscita postuma:</span></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span style="font-family: Times New Roman;"><i><b>“……” “Orbene, il De Martino racconta che un giorno, aggirandosi con il suo gruppo in auto per raggiungere una certa località, smarrisce la strada e non riesce più a ritrovare la giusta direzione (teniamo presente che siamo alla fine degli anni Cinquanta e ci troviamo per lo più in presenza di strade bianche e tortuose). Ai bordi della strada c’è un contadino al quale vengono chieste informazioni sul percorso da seguire e, poiché le sue spiegazioni non sono molto chiare, viene invitato a salire in macchina per far da guida al gruppo. Il contadino accetta a malincuore, comunque sale in macchina, ma dopo un po’ i ricercatori si rendono conto che, a mano a mano che l’auto si allontana dal punto dove è stato fatto salire a bordo, il contadino comincia a stare male fisicamente, ad avere agitazione psico-motoria e sudorazione fino a raggiungere un vero e proprio stato di angoscia. L’angoscia del contadino calabrese è cresciuta a mano a mano che, allontanandosi l’auto, ha visto scomparire dall’orizzonte visuale il campanile di Marcellinara, del suo paese natio. Rendendosi conto del suo malessere, i ricercatori decidono di riaccompagnare il contadino fino al punto in cui è stato prelevato. Nel percorso di ritorno questa angoscia crescente si placa, il contadino si calma e, arrivato a destinazione, si catapulta fuori dall’auto e finalmente si rilassa, perché finalmente ha ritrovato il campanile di Marcellinara.”</b></i></span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span style="font-family: Times New Roman;">Questo esempio molto citato del pastore del campanile di Marcellinara ci fornisce una spiegazione molto chiara di ciò che è lo spaesamento. A mano a mano che il pastore vede allontanarsi il suo campanile, il suo riferimento, egli sta progressivamente male, pochi km di macchina provocano in lui uno spaesamento, un sentirsi fuori dai suoi abituali confini: non altro che lo stesso meccanismo che provoca in noi lo straniero, in quanto egli traccia delle evidenti modificazioni al nostro paesaggio abituale aggiungendo elementi inattesi alla “conformità” della vista, producendo nuovi significanti e significati al nostro “insieme” paesaggistico.</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span style="font-family: Times New Roman;"> </span></div><div align="justify"><span style="font-family: Times New Roman;">Pensiamo al primo uomo, all’uomo primordiale, per lui il mondo era tutto da apprendere, i confini neanche esistevano, il paesaggio era un insieme di tetre presenze e simboli oscuri, lo dominavano la fame e il freddo: egli era “caos” era- “nel caos”- se vogliamo lo stato originario della materia, uno spazio vuoto indefinito e indeterminato, una voragine incolmabile. </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span style="font-family: Times New Roman;">Nel momento in cui in noi si produce uno spaesamento noi riproduciamo la stessa situazione dell’uomo primitivo e ci ritroviamo nel caos.</span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Continua.... </div><div align="justify"><span style="font-family: Times New Roman;">Fine prima parte. </span></div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><span style="font-family: Times New Roman;">Davide.</span></div><span style="font-family: Times New Roman;"></span>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-79935977367089438102010-10-15T00:49:00.001-07:002010-10-15T00:57:44.036-07:00Il privato ci sta privando…<img src="http://www.fidicaro.net/blog/wp-content/uploads/2009/11/accidia.jpg" /> <br />
<br />
<br />
<div align="justify">Per l’ennesima volta ci risiamo. Una persona si trova riversa a terra e priva di sensi in metropolitana, stavolta e toccato a Roma (ma qualsiasi località non farebbe differenza), è stata colpita da un pugno per un banale litigio, finisce in coma. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Le telecamere a circuito chiuso, impietose, riprendono la scena dove i passanti dapprima sembrano non preoccuparsi affatto di quel corpo privo di sensi, addirittura una vecchia, con la sua flemma da vecchia, ci passa accanto ma prosegue la marcia come se nulla fosse, come se quello non fosse un corpo ma un ostacolo da superare, poi qualcuno si fermerà per pochi istanti ma riprenderà per la destinazione attesa. Occorreranno diversi minuti prima che si intervenga.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Questo non è il primo episodio di questo tipo a far riflettere. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Come l’iniziale silenzio di un quartiere di Milano per il tassista mandato in coma per aver investito accidentalmente e ucciso un cane. Omertà solitamente riconosciuta quasi esclusivamente al sud.<br />
</div><div align="justify">Cosa ci sta succedendo? </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Stiamo diventando uomini unidimensionali, a compartimenti stagni, interessati unicamente alla sfera del nostro privato, incapaci di provare un qualsivoglia senso di compassione (in senso greco) di fronte a un nostro simile che reca in gravi condizioni!?</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Abbiamo delle missioni talmente importanti da portare a termine che neanche una tragedia può distoglierci dal nostro compito, può fermarci dal nostro cammino: l’andare e il venire dal lavoro quotidianamente nella maggior parte dei casi!?<br />
<br />
</div><div align="justify">Vediamo talmente tanta violenza, talmente tanta pornografia dei sentimenti in tv che quella reale, di violenza intendo, ci sembra quasi che non esista, e come con il telecomando basta pigiare un tasto per accelerare il passo e spegnere l’evento che si perpetra di fronte a noi!?</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">O è forse quello stesso senso d’apatia, quell’accidia del vivere quotidiano che, alimentando lo “spirito del sonno” insito in ognuno di noi, non ci permette di agire per gli altri, come per noi stessi: lasciandoci con il nostro remo solitario ad affrontare le onde del mare, in una marea di altri remi solitari che potrebbero formare una barca ma che ostinatamente non si riconoscono e non vogliono riconoscersi in una bandiera: quella umana, perché lo si voglia o no, abbiamo ancora una comunanza di specie!? Siamo un “noi”.</div><div align="justify">Ma non siamo sempre noi quelli che fanno le campagne contro la pena di morte, quelli che si indigniamo per stupri e violenze a donne e bambine, non siamo quelli che fanno battaglie contro la povertà e la guerra, schiacciando il bottone “aderisci” o “firma” per combattere i problemi del mondo!?</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Eppure sta anche li il problema: ci stiamo abituando a lottare con un tasto del pc. Gridiamo sulla rete inserendo il tasto maiuscole sulla nostra indignazione virtuale. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Di fatto stiamo diventando questo: esseri virtuali, incorporei. E quando siamo corpo siamo uno, mai più d’uno. Individui persi nel magma quotidiano, pieni di paura, che non vedono simili, ma solo nemici o avversari. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">A causa di questa paura ci intaniamo nelle nostre dimore, le rendiamo belle e confortevoli, protetti dalle nostre quattro mura, onnipotenti e trionfanti nella nostra prigione dove, dietro le sbarre, spuntano i fiorellini che ci siamo piantati e nell’aria si sente il profumo del disinfettante che abbiamo passato per lavare il pavimento. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Già il privato, il nostro essere privati, inaccessibili, alienati ci sta privando di una delle esperienza più importanti della nostra vita: quella di camminare con l’altro, quella di respirare l’altro, di capirlo, di bisticciarci insieme se necessario. E questo volerci imprigionare per chissà quali scopi altissimi, per chissà quali avanzamenti che ci sta fregando. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Davide.</div>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-71850253729487217652010-10-07T15:59:00.001-07:002010-10-08T00:12:56.684-07:00I soliti squali: l’omicidio Scazzi.<img src="http://www.conversazionimarketing.com/wp-content/uploads/2008/07/delitto2.jpg" /> <br />
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<div align="justify">Ieri mentre cambio canale mi imbatto in “Chi l’ha visto”. Un programma che non ho mai seguito, per quanto abbia una sua utilità. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Ieri, tuttavia, non ho cambiato canale come al solito. Nel momento in cui mi è apparsa la conduttrice qualcosa di clamoroso veniva svelato in diretta, quasi si fosse in un reality. La persona scomparsa era probabilmente stata uccisa e, grottescamente, una delle figlie e la giornalista che la intervistava stava a casa del presunto assassino. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Mentre si delineava la vicenda, si scopriva che le forze dell’ordine erano alla ricerca del cadavere della ragazzina, indicato da colui che oggi ho scoperto essersi dichiarato l’assassino. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Non commento l’assassinio in se, vicenda drammatica e terribile, fra le tante purtroppo, che accadono ogni giorno in Italia e nel mondo. Non commento la figura del presunto assassino che non molto tempo fa piangeva davanti alle telecamere. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Voglio invece soffermarmi sui soliti squali dell’informazione. Sui papiri d’inchiostro che si scriveranno, sugli speciali tv, sui dossier, sulle interviste strappalacrime che verranno eseguite, sulle parole che verranno usate: compariranno la parola “orco”, la parola “mostro”, la frase “era un uomo tranquillo”, la frase “merita di pagare”, la frase “sono sconvolto non posso credere sia stato lui”. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Vi saranno le solite esibizioni di dolore da telecamera, la solita retorica sulla violenza in famiglia, le solite domande che troveranno agio in comodi salotti mediatici, solo fino a quando e fintanto che la vicenda sarà fresca e continuerà a fare audience. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">In fondo è stata una “fortuna”, se doveva capitare, che la trasmissione investita della incombenza di annunziare un presunto omicidio in diretta sia stata “Chi l’ha visto”. La conduttrice dimostra una dignità e una capacità nettamente superiore alla media, ed è riuscita in qualche modo, a non rendere la vicenda uno schifosissimo evento mediatico più di quanto non lo fosse in se, proponendo “addirittura” di interrompere la trasmissione.</div><div align="justify">Purtroppo oggi non è accaduto lo stesso. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Per curiosità ho visto i primi dieci minuti dello speciale andato in onda su Italia 1, non ho retto oltre.</div><div align="justify">Nessuna sorpresa. Anche se a sentire questi finti giornalisti raccontare la vicenda m’è venuto quasi da vomitare. Loro non informano. Loro additano, loro nominano, loro giudicano, loro cambiano il tono di voce, loro si indignano, loro fanno finta di commuoversi, indicano la strada, tracciano la morale- accompagnati da una colonna sonora da soap opera. Questi non sono giornalisti, sono venditori di audience, sono circensi, procuratori di spasmi emotivi, induttori di lacrima. Sono perniciosi, dannosi, inutili: sono trash.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Per finire la pennellata finale, non voglio moralizzare però, la tengo come annotazione finale. </div><div align="justify">Il fratello della vittima, credo abitasse molto lontano dalla sorella, sembra non veda l’ora di rilasciare interviste alle orde di giornalisti precipitatesi, non veda l’ora di presenziare alle strisce tv: il tono di queste interviste è quasi del tutto privo d’emozione. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Bene, dopo Cogne e Garlasco, abbiamo un altro mostro, un altro orco: giusto per non guardarci allo specchio, giusto per dimenticarci che ogni giorno in ogni parte d’Italia avvengono delitti che rimangono nel quasi totale oblio mediatico. Allora,</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">allora non son delitti! Allora non sono morti, non sono mai morti!!</div><div align="justify"><br />
</div>Davide.Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-7693631716018439002010-08-31T18:00:00.001-07:002010-10-08T00:11:58.653-07:00L’era del conflitto sociale è finita<img src="http://www.ztaramonte.it/word/wp-content/uploads/2009/12/natale-futuro.jpg" /> <br />
<div align="justify">Marchionne dice “l’era del conflitto sociale è finita”. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Pensateci un attimo, soffermatevi un pochino. Questa frase è pleonastica. Inutile. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">L’era del conflitto sociale è terminata da decenni, e lui lo sa, lo sa bene. Non già perché non vi siano più conflitti piuttosto per l’assenza di agenti confliggenti. Ossia di enti che si contrappongano allo strapotere delle corporazioni. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Poi gli fa eco Tremonti il quale afferma grosso modo che l’attuale standard dei diritti non è più mantenibile ne proponibile. Considerandolo già al netto di una notevole sequela di decurtazioni avvenute in nome del libero mercato in questi ultimi anni. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Il conflitto sociale non sussiste nel momento in cui il sindacato non confligge, non si mostra nel suo interesse di parte: sempre i lavoratori. Allo stesso modo non può sussistere e direi men che meno quando i lavoratori stessi non confliggono. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Lavoratori……..</div><div align="justify">Pavidi, disuniti, lacerati, deboli, ricattabili, delatori, aziendalisti.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">L’era della concertazione sindacale, dell’esistenza commerciale, della cultura della visibilità ha prodotto questa genia di nuove macchine, (dis)umane componenti della catena di montaggio, arti meccanici di chip pensanti….</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Osservo questa “grande” Europa dell’euro e vedo un futuro fatto sempre più di miseria e povertà. </div><div align="justify">Non parlo solo di sacche di disoccupati che largheggiano e debordano oltre i limiti della decenza, che è poi solo la mia, quella d’un altro poveraccio, ma di immense fette di lavoratori lasciati con il minimo indispensabile per sopravvivere, con l’impossibilità di poter “concertare” con la vita un parziale compromesso di felicità. <br />
</div><div align="justify">Per dirla al modo dei sindacalisti. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">La situazione è drammatica. La recente crisi greca è la punta di un iceberg che presto ci sommergerà tutti. Sbaglia chi crede che questa “crisi” stia per passare. Non può passare. Il sistema concepisce questa crisi come attendibile, probabile, anzi diciamola tutta: la crisi è gradita. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Non è difficile prevedere scenari futuri. Privatizzazioni, delocalizzazioni, tagli di spesa pubblica e quindi di servizi essenziali, aumento della disoccupazione, perdita ulteriore del potere d’acquisto delle famiglie. “Niente di nuovo sul fronte occidentale”. </div><div align="justify">Solo che è sempre peggio…..il futuro….</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Ed è di questo che scriverò per i prossimi mesi. </div><div align="justify"><br />
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</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Davide.</div>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-54276911929766872622010-08-03T03:06:00.001-07:002010-08-03T03:18:12.361-07:00Descolarizzazione: di Ivan Illich.<img src="http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/294/img/illich.jpg" /> <br />
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<div align="justify">Ivan Illich era un libero pensatore non inquadrabile in nessuno schema predefinito. In un’epoca tetra come la nostra il suo pensiero diventa quanto mai attuale come le sue opere. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Il libro che propongo è “Descolarizzazione”. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Un libro che parte dalla considerazione di quanto sia divenuta inattaccabile l’istituzione scolastica, uno dei nuovi dogmi di questo tempo come lo fu la religione in passato.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">La scuola è infatti il centro d’educazione per eccellenza, che educa alla sottomissione alle regole, che crea consumatori perfettamente addomesticati, che crea lavoratori efficienti e acritici, che non permette l’accesso al sapere a tutti. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">L’istituzione scolastica si configura dunque come il centro d’irradiazione del pensiero unico commerciale e capitalista. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Secondo Illich se si vuole liberare la società attuale bisogna cambiare radicalmente questo sistema: liberare l’accesso alle cose, liberare la trasmissione delle capacità, le risorse critiche e cognitive, solo così l’individuo uscirà dal buio, da questo percorso obbligato che certo non incoraggia le sue capacità critiche verso il sistema.<br />
<br />
Ogni movimento rivoluzionario che si voglia dire tale, non può dunque ignorare l'attuale assetto della produzione del sapere, non può ignorare le fabbriche delle idee, non può non lottare per l'abbattimento di questi "pesticidi" della conoscenza. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Consiglio dunque la lettura di questo libro.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Di seguito alcuni link: </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><a href="http://www.altraofficina.it/ivanillich/" target="_blank">Cenni Biografici su Ivan Illich</a></div><div align="justify"><a href="http://www.ecologiasociale.org/pg/descolarizzare.html" target="_blank">Il potenziale rivoluzionario della Descolarizzazione</a></div><div align="justify"><a href="http://www.altraofficina.it/ivanillich/Libri/Descolarizzare/descolarizzare.htm" target="_blank">Il Testo completo "Descolarizzazione" scaricabile e consultabile in internet</a></div><div class="wlWriterEditableSmartContent" id="scid:0767317B-992E-4b12-91E0-4F059A8CECA8:4f81a9bc-222e-47cf-a0a4-5e6e52bdb9bc" style="display: inline; float: none; margin: 0px; padding: 0px;"><br />
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Technorati Tag: <a href="http://technorati.com/tags/letture" rel="tag">letture</a><br />
</div>DavideDavide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-61014314272301094882010-07-29T11:59:00.001-07:002010-07-29T23:48:59.258-07:00Prima di partire…in Sardegna…..<div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><img src="http://tottusinpari.blog.tiscali.it/files/2010/06/CARCIOFO-SPINOSO-DI-SARDEGNA.jpg" /> </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Da quando sono a Milano conto gli anni a partire da settembre. Era proprio appena dopo quell’undici che cambiò il disegno del mondo, ricordo un pianto ininterrotto di pioggia e i dorsi grigi dei palazzi del capoluogo meneghino che preannunziavano l’approdo in stazione centrale.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Questo è stato l’anno dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’anno di Pomigliano e del suo storico accordo, l’anno della BP e del disastro nel golfo, l’anno della “finta” riforma finanziari Usa e di una serie di altri avvenimenti la cui sequela sarebbe impossibile da elencare in un piccolo articolo. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Personalmente ho vissuto l’esperienza della cassa integrazione, anche se limitata a pochi giorni al mese e per un periodo relativamente breve. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Di quei giorni, quelli prima dell’accordo della cassa, ricordo l’ansia e l’angoscia per un’azienda che sembrava in procinto di disintegrarsi e licenziare dall’oggi al domani almeno venti persone. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Clima che ho respirato in toto, a piene narici, essendo RSU.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">M’appresto a partire, verso la mia terra e per un attimo vivrò in uno bolla atemporale e senza dove, ma non appena quella bolla scoppierà, mi troverò (ri)scaraventato in un mondo cittadino sempre più carico di violenza inespressa, sempre più lobotomizzato: le chiamiamo ferie, non altro che l’illusione di una vita altra che non esiste. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Una vita altra esiste prendendosi una vacanza indeterminata da questo modo di vivere, da questa corsa verso l’accumulo di beni materiali inutili. Quando si può accumulare. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">In quanto uomini abbiamo il diritto e il dovere di ricercare una via nuova, un modo diverso di porre in essere le nostre relazioni con l’altro, oramai sempre più meccaniche e mediate da congegni elettronici che non ci avvicinano ma ci allontanano.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Le piazze sono diventate dei luoghi vuoti. La contestazione di popolo diventa “a gettone”, intanandosi nelle trincee di manifestazioni di scarsa efficacia, i bar sono i luoghi più dimenticati dagli intellettuali e dai “rivoluzionari” d’oggi: non si parla più al popolo, si fanno proclami seduti sul comodo velluto delle poltrone dei salotti. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Purtroppo, è mia ferma convinzione e la ribadirò in altri articoli, che le cose non cambiano dall’oggi al domani, specie quando si parla di paradigmi di pensiero della gente comune: ci vogliono decenni, o forse secoli, per smuovere un modo di pensare oramai dato per acquisito. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Tuttavia se non s’inizia mai si rischia di cadere in uno stato ancor più comatoso. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">In fondo il problema più grande del nostro tempo, per dirla grossolanamente, non è che non vi sia l’energia “nervosa” per portare avanti battaglie, è piuttosto il fatto che quell’energia nervosa vada a sfogarsi nello shopping, in un esistenza commerciale che ha un gravissimo difetto, come le vacanze: regalarci l’illusione di sentirci appagati e per un attimo soddisfatti. Fino alla nuova corsa.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Non facendoci comprendere che quel prurito che proviamo quotidianamente, non chiede di essere curato con qualche pomata lenitiva, chiede invece d’esser debellato per non ritornare. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">La prossima volta che ci viene il prurito proviamo a non prendere pomate e vediamo quel che accade. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Davide</div><br />
<div class="wlWriterEditableSmartContent" id="scid:0767317B-992E-4b12-91E0-4F059A8CECA8:ffac86af-ee42-4c2e-88da-3b0a63c5bfe5" style="display: inline; float: none; margin: 0px; padding: 0px;">Technorati Tag: <a href="http://technorati.com/tags/Generale" rel="tag">Generale</a></div>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-12388208508696186792010-07-26T16:31:00.001-07:002010-07-27T00:00:25.641-07:00Indipendentismo Sardo I: le ragioni dell’indipendenza<img height="357" src="http://www.lamiasardegna.it/images/819/025.jpg" width="468" /><br />
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<div align="justify"><span style="font-size: xx-small;">* 1° articolo necessario e preliminare (a cui ne seguiranno altri) alla discussione e all’analisi dell’attuale momento storico dei movimenti indipendentisti sardi **Questo articolo non si propone di fornire giudizi sul movimento attuale, vuole solo comprendere le ragioni sia pur sommarie che spingono un popolo verso l’indipendenza.</span></div><div class="wlWriterEditableSmartContent" id="scid:0767317B-992E-4b12-91E0-4F059A8CECA8:82bdde8b-978f-4fe7-b014-8e7efecf600d" style="display: inline; float: none; margin: 0px; padding: 0px;"><br />
<a href="http://technorati.com/tags/Indipententismo+I" rel="tag"></a><br />
<br />
<div align="justify"> La storia pullula di movimenti indipendentisti, di battaglie di popoli oppressi contro gli oppressori, di narrazioni epiche, assalti e carneficine verso l’indipendenza da un ente oppressore, da un accentratore di sovranità che soffoca le autonomie indigene.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div></div><div align="justify">A fotografare le ragioni delle attuali tendenze centrifughe del popolo sardo, che invero affondano ben oltre il 1720 data d’inizio formale della dominazione piemontese , sia in una prospettiva diacronica (ossia nel loro divenire storico), che in una prospettiva sincronica (ossia quella attuale di altri movimenti indipendentisti), si constata quanto non siano dissimili da quelle di altri movimenti per l’indipendenza storici o attuali.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><ul><li> La prima ragione è di carattere culturale, per alcuni di carattere etnico. Sottende la considerazione dell’ente oppressore come stato- nazione.<br />
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<div align="justify"><br />
</div></li>
</ul><div align="justify">Ossia - considerando la “comunità – etnica” sarda come unità nella storia, nella posizione geografica, nelle caratteristiche della lingua, della cultura e delle tradizioni culturali, nella struttura sociale e nell’economia- l’oppressione dello stato nazione si perpetra nell’opera di snazionalizzazione della comunità e di colonialismo culturale.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Stato oppressore, in quanto di per sé portatore di una serie di valori culturali, economici, linguistici e sociali differenti, non già concorrente alla cultura di una comunità "etnica" chiusa, ma in antitesi con essa ; stato che per antonomasia non ammette altro da sé, sia pur nella blanda concessione di un’autonomia fasulla (statuto speciale regionale) più formale che sostanziale, più amministrativa che auto- governativa.<br />
<br />
Se vi fosse almeno l'effettività di una statuità regionale speciale si configurerebbero i prodromi di uno stato (pre)federale. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
In questo senso, il divieto dell’uso del bilinguismo negli uffici pubblici e nelle scuole dovrebbe assurgere a simulacro oppressivo: se intendiamo così come dev’essere intesa, una lingua, non solo come il sedimento delle tradizioni, dei riti e dei miti di un popolo, ma soprattutto l’agente attraverso il quale quelle stesse tradizioni e quegli stessi riti si propagano e permangono nel tempo, comprendiamo la misura del soffocamento culturale in atto. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><ul><li> La seconda ragione è di carattere economico. In questo caso l’ente oppressore è lo stato che governa, attraverso il monopolio della forza e imponendo il rispetto di determinate norme. Un concetto eminentemente giuridico.<br />
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<div align="justify"><br />
</div></li>
</ul><div align="justify"> Si rtiene lo stato centrale responsabile di applicare una politica economica disarticolata rispetto alla tradizionale economia sarda, rispetto alle sue risorse e potenzialità. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Una politica economica che, attraverso le connivenze con la classe dirigente locale, subordina gli interessi dell’isola alla politica nazionale, impedendo di fatto alla popolazione dell’isola lo sviluppo che essa trarrebbe in assenza di tale azione e consegnando una politica di natura meramente assistenziale che non prevede nessun intervento di natura strutturale.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">In sostanza lo smantellamento del comparto agropastorale, di quello industriale e di quello artigianale (la piccola e media industria sarda) ha di fatto impedito ogni intrapresa endogena dell’economia.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Da non dimenticare inoltre l’immensa fetta di territorio che dal dopoguerra è stata destinata a <a href="http://www.bellasardegna.it/Natura/presenze_militari.htm" target="_blank">servitù militari</a> scellerate, anche questo fattore di mancato sviluppo economico e turistico (<a href="http://www.paginedidifesa.it/2005/pdd_050756.html" target="_blank">Vedi qui</a> ) che ha recato immani danni non solo ambientali ma è anche causa dell’altissima percentuale di leucemie tra la popolazione nei pressi di basi e poligoni (<a href="http://www.regione.sardegna.it/j/v/491?s=133200&v=2&c=1489&t=1" target="_blank">Vedi qui</a>). La Sardegna è stata considerata una "base strategica " ai fini militari della nato, posizione che si va affievolendo vista la recente centralità acquisita da altre zone: quali il mediooriente e l'area asiatica. </div><div align="justify"><a href="http://www.regione.sardegna.it/j/v/25?s=45387&v=2&c=3696&t=1" target="_blank">Breve storia</a> servitù militari.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><ul><li> Per concludere questa breve esposizione rimane un altro punto da toccare, ma non meno importante. </li>
</ul><div align="justify">La sola affermazione di una volontà di indipendenza da un potere centralista che rifiuti anche solo il bisbiglio del termine “separatismo”, prefigura la visione, da parte del movimento indipendentista sardo, di una società nuova, senza se e senza ma: l’assenza di una tale visione, comporterebbe non solo l’abbattimento di una delle principali ragioni che l’hanno “chiamato” ad agire sul territorio ma ne inficerebbe irreparabilmente l’obiettivo finale, ossia il modello di società che genera la volontà sacrosanta d’autodeterminazione di un popolo.</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Una società che dunque rifugga dalle regole del gioco globaliste e scellerate del libero mercato selvaggio e che riscopra, anzi, l’importanza non solo della comunità sarda tutta, ma anche delle micro comunità presenti all’interno d’essa. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Sarebbe del tutto inutile e beffardo se a proclamare l’indipendenza e a guidare la “nuova terra” fosse una classe politica locale che ricalchi in tutto e per tutto i mali dell’attuale classe dirigente nazionale.</div><div align="justify">La libertà è fatta più di sostanza che di proclami dall'alto d'un "balcone" che domina la folla. </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify">Davide.</div><div align="justify"><br />
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</div><div align="justify">Technorati Tag: <a href="http://technorati.com/tags/Indipententismo+I" rel="tag">Indipententismo I</a> </div><div align="justify"><br />
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<span style="font-size: x-small;"><i> Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo.<br />
(<span style="color: blue;">Johann Wolfgang Goethe</span>)</i></span><br />
<span style="font-size: x-small;"></span>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-478688549889498479.post-24190892624045256512010-07-24T05:29:00.001-07:002010-07-27T00:20:11.454-07:00Settore telecomunicazioni: i committenti.<div align="justify"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://www.ziorufus.it/wp-content/uploads/2009/01/callcenter.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://www.ziorufus.it/wp-content/uploads/2009/01/callcenter.jpg" /></a></div><br />
</div><div align="justify"> </div><div align="justify"><br />
</div><div align="justify"><i><span style="font-size: xx-small;">(Descrizione sommaria di un settore tra i più vasti del mondo del lavoro in Italia. Con uno sguardo in particolare al problema dei committenti).</span></i><br />
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</div><div style="text-align: justify;">Il settore delle telecomunicazioni, TLC, comprende una variegatissimo numero di figure professionali e di categorie: è rappresentato <i>“da tutte le attività connesse <span class="m_text">alla trasmissione di suono, immagini, dati o altre informazioni trasmesse via cavo, radiodiffusione, ripetitore e satellite.”</span></i></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><span class="m_text">Si va insomma dalla Rai al più classico dei call center.</span></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><span class="m_text">Fino al 1991 l’unico operatore abilitato a fornire servizi di telecomunicazioni era lo stato. Dal 1994 in poi il settore ha conosciuto una rivoluzione, in quanto da quel momento fu data la possibilità di fornire servizi di telecomunicazioni anche a enti multisocietari, fino ad arrivare, nel corso degli anni, alle aziende private. </span></div><div style="text-align: justify;"><span class="m_text">Un settore dunque molto giovane, lascito nei primi anni al caos e alla barbarie del mercato e, a bassissimo tasso di sindacalizzazione, dove, si sono concentrate e si concentrano, notevoli aree di precarizzazione, paragonabile almeno all’inizio, per alcuni addetti ai lavori, alla deregolamentazione presente nel settore “fast food” degli anni 90. </span></div><div style="text-align: justify;"><span class="m_text">La <a href="http://www.cgil.it/Archivio/Terziario/circolare%20n.%208.pdf" target="_blank"><u>Circolare Damiano</u></a> del Ministero del lavoro ha contribuito a rendere il settore più regolamentato, anche se, molte imprese continuano a ricorrere al lavoro a progetto nonostante i divieti in essa contenuti, alimentando fenomeni di <a href="http://www.mincomes.it/statistiche/bollettini_2004/bollettino2_2004/dumping.pdf" target="_blank">dumping</a>, generando lavoro precario e malpagato.</span></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><span class="m_text"> </span></div><div style="text-align: justify;"><span class="m_text">Le categorie sociali più coinvolte in questa precarizzazione sono senz’altro giovani(spesso ad alta scolarizzazione), donne (la % percentuale di donne impiegate nel settore supera la soglia del 70% rispetto agli uomini) e persone che hanno perso il lavoro con un età troppo avanzata per inserirsi nei loro settori di specializzazione.</span></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><span class="m_text">Dopo questa brevissima panoramica passiamo al problema dei committenti. </span></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><span class="m_text">Il problema dei committenti nasce dalla “presunta” esigenza da parte di grosse aziende di “esternalizzare” alcune fasi del processo produttivo, cioè, darlo in affidamento ad altre imprese (definizione generica di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Outsourcing" target="_blank">outsourcing</a>). </span></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><span class="m_text">In ordine a tale esternalizzazione si riscontra un continuo “gioco al ribasso” da parte di queste imprese appaltatrici e subappaltatrici di lavoro che, “giocando” sulla concorrenza tra imprese fornitrici di servizi e sull’enorme <a href="http://ideateatro.blogspot.com/2009/02/esercito-industriale-di-riserva.html" target="_blank">“esercito di riserva”</a> di lavoratori, spesso alla ricerca della prima occupazione, contribuiscono in maniera determinante a rendere non solo la retribuzione del settore tra le più basse del mondo del lavoro, ma anche gli stessi luoghi di lavoro degli “inferni”: con strutture spesso fatiscenti (per usare un eufemismo) e attraverso l’utilizzo di supervisori che assomigliano più a dei <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Kapo" target="_blank">“kapò”</a> che non a semplici superiori della scala gerarchica (discorso soprattutto legato ai lavoratori a progetto, la cui attività, di progettuale non ha nulla, si tratta di attività di lavoro subordinato mascherate da progetti). </span></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Outsorcing dunque è un termine che da una parte, quella delle imprese, indica una razionalizzazione dei costi produttivi nonché l’incrementazione dello spazio, della flessibilità e della specializzazione di alcune aree produttive; dall’altra, quella dei lavoratori: retribuzione più bassa, precarizzazione, assenza di diritti quali malattia e ferie retribuite (nei casi più gravi), luoghi di lavoro ad alto contenuto di stress e pressione psicologica.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Esternalizzare non significa tuttavia solo delocalizzare settori d’attività da un’azienda ad un’altra, significa anche, delocalizzare l’attività per aree geografiche.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Si assiste ad esempio a fenomeni di delocalizzazione sovranazionale. Specie da parte di grossi committenti (come H3g, Sky, Fatweb o Telecom) che spostano attività in paesi dove la manodopera costa molto meno (Albania, Romania, Argentina,Tunisia etc…): prefigurando lo smantellamento di intere aree produttive del paese d’origine, con conseguenze catastrofiche in termini di occupazione.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">…..e conseguenze ovviamente negative anche per l’utente stesso: servizi più scadenti e inoltre problema della privacy- i dati dei clienti finiscono appunto in questi paesi esteri.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Fenomeni di delocalizzazione da aree generalmente più produttive del nostro paese a aree più depresse che spesso consentono di usufruire di sgravi fiscali. </div><ul style="text-align: justify;"><li> E’ fondamentale regolamentare e limitare il potere delle committenti, attualmente praticamente illimitato. Le quali, ad esempio possono, attraverso la firma di clausole vessatorie, che impongono alle aziende fornitrici di servizi, abbandonare dall’oggi al domani l’impresa con la quale hanno il rapporto di collaborazione. Si devono duque legare <u><b>i lavoratori</b></u> <u><b>alle commesse</b></u>, in modo che la committente non possa semplicemente “lavarsi le mani” di lavoratori che fino al giorno prima hanno lavorato per lei. </li>
</ul><ul style="text-align: justify;"><li> Introdurre una <u><b>“formula di responsabilità sociale ed etica”,</b></u> per cui non si possa giocare oltre un ribasso minimo (in una gara d’appalto- oltre a imporre limitazioni ai subappalti), che consenta alle aziende fornitrici di servizi di avere un minimo di ritorno economico dall’erogazione degli stessi. Alla faccia del mercato libero. Meglio non lasciarlo agire da solo, perché di etico non ha nulla. Altro che “laissez faire, laissez passer”.</li>
</ul><div style="text-align: justify;"><br />
</div><ul style="text-align: justify;"><li>In ultimo, ma non meno importante, per quanto, sia chiaro, il ruolo dei sindacati si stia restringendo in maniera drammatica (processo iniziato a fine anni sessanta) con “strategie” unicamente concertative che di fatto consegnano il potere decisionale nelle mani delle aziende: la costituzione di un <u><b>sindacato europeo</b></u>, a carattere sovranazionale, che riesca a contrastare i fenomeni di dumping sociale, e porre una regolamentazione sovranazionale all’apertura d’aziende in luoghi più o meno esotici. </li>
</ul><div style="text-align: justify;"><br />
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Davide</div><div style="text-align: justify;"><br />
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</div><div align="justify"><span class="m_text"></span></div>Davide.http://www.blogger.com/profile/15613738529646616625noreply@blogger.com0